E ora Stellantis vuol mandare via altri 3.600 addetti
L’aria che tira in casa Stellantis è quella di un serio smantellamento industriale in Italia: in soli due giorni il gruppo nato dalla vendita di Fiat Chrysler alla francese Psa (pudicamente detta fusione) ha dichiarato quasi 3.600 esuberi che coinvolgono, tra gli altri, i maggiori stabilimenti del nostro Paese: Mirafiori, Pomigliano, Melfi e Cassino, oltre a Pratola Serra, Termoli, Cento e Varrone. Il tempismo è di nuovo particolare, visto che questi annunci arrivano a pochi giorni dal doppio confronto con il governo del 2 aprile sulla fabbrica lucana di Melfi e del 3 su Mirafiori.
Com’è consuetudine di Stellantis, queste uscite non sono licenziamenti, ma incentivi all’esodo: il 22 marzo, infatti, i sindacati – tranne la Fiom – hanno firmato un accordo per i “premi” da riconoscere a chi decide volontariamente di lasciare l’azienda (si va da un minimo di 12 mensilità più un una tantum di 20 mila euro a un massimo di
33 mensilità più 30 mila euro, a seconda dell’anzianità). Un modo di procedere che ricorda quanto avvenuto a inizio dicembre, quando a pochi giorni da un confronto col governo venne fuori la notizia che la
Panda elettrica sarebbe stata prodotta in Serbia e non in Italia. Episodio che a sua volta ricorda il più recente rumors sulla possibile produzione di Leapmotor – una sorta di versione cinese della
500 – a Mirafiori: voce smentita visto che con ogni probabilità quella macchina verrà costruita in Polonia. Tornando agli esuberi di oggi, l’annuncio è un evidente segno di dismissione: “Tutta la narrazione dell’amministratore delegato Tavares – ha commentato la Fiom Cgil – sulla centralità dell’italia per Stellantis è smentita dalle scelte concrete. La realtà vera è rappresentata da un programmato e drammatico disimpegno della multinazionale dal nostro Paese”.
GUARDANDO IL DETTAGLIO PER STABILIMENTO, i numeri sono ancora più chiari: ci sono 1.560 esuberi a Torino, 850 a Cassino, 500 a Melfi e 424 a Pomigliano. Altri 121 sono a Termoli, 100 a Pratola Serra, 30 a Cento e 12 a Varrone. Sullo sfondo, un lungo elenco di richieste al governo: dagli incentivi alle agevolazioni per la transizione. Una lista a fronte della quale Stellantis continua a non assumere impegni in termini di produzione e occupazione, tanto che il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, prova da tempo a portare un secondo produttore di auto in Italia: qualche tempo fa, oltre alle “solite” aziende cinesi, ha parlato anche di un’interlocuzione in corso con la statunitense Tesla, ma di concreto c’è poco. Il settore automotive vive da anni una crisi in Italia, tanto che le nostre fabbriche hanno fatto largo uso di cassa integrazione e producono un numero di veicoli pari a circa la metà della capacità installata. Dal 2014 al 2023 si stima che la riduzione sia stata pari a 11.500 dipendenti, tra pensionamenti non sostituiti e uscite incentivate. A testimonianza della scarsa propensione a investire in Italia da parte del gruppo Exor, primo azionista singolo di Stellantis, anche una notizia che riguarda un altro settore, quello editoriale: il gruppo Gedi, controllato dalla holding degli Agnelli, ha raggiunto un accordo per la cessione del
XIX alla famiglia Aponte di Msc.
NUOVO PIANO “INCENTIVI” PER ANDARSENE: 1.600 ESUBERI SOLO A TORINO