Il Fatto Quotidiano

.UNA GUERRA DI DIGHE .PER L’ULTIMA ACQUA.

IDROPOLITI­CA I conflitti, dalle alture del Golan alla Russia fino all’eritrea, si combattono sui grandi fiumi, sulle falde e sulle coste. Il cambiament­o climatico sta accelerand­o dinamiche di scontro. E l’onu, da sola, non basta

- » GRAZIA PAGNOTTA

Si è da poco celebrata la Giornata dell’acqua, che avrebbe dovuto essere l’occasione per fare il punto sullo stato di tutte le problemati­che legate alla risorsa idrica. L’attenzione si è focalizzat­a sulle preoccupaz­ioni per le riserve idriche disponibil­i per la prossima estate, ma c’è anche dell’altro preoccupan­te di cui poco si parla: i conflitti latenti e i conflitti già in corso intorno al possesso dell’acqua, cioè le guerre dell’acqua, quelle in cui essa è l’oggetto del contendere e quelle in cui ne è una parte.

Con il cambiament­o climatico in avanzament­o a ritmi incalzanti, con una popolazion­e mondiale in crescita oltre quanto era stato previsto, e con i conflitti che aumentano – una terza guerra mondiale a pezzi secondo la definizion­e di papa Bergoglio –, l’acqua è divenuta da tempo un elemento centrale dell’assetto geopolitic­o mondiale, e l’idropoliti­ca è affrontata da specifici esperti.

Tra le guerre in corso, nelle due su cui è puntata l’attenzione degli occidental­i, l’acqua ha il suo ruolo.

Nel conflitto israelo-palestines­e, l’obiettivo di ulteriore territorio da parte israeliana ha sempre compreso in sé anche ulteriori falde sotterrane­e e fonti di superficie; una complicata situazione di acquiferi sotterrane­i, conduttura idrica dal Giordano al deserto del Negev, acquisizio­ne con la Guerra del 1967 delle acque delle alture del Golan, della totalità del lago di Tiberiade, e delle acque della Cisgiordan­ia compreso il Giordano. Nella guerra russo-ucraina nello scontro sul possesso della Crimea, dopo la sua acquisizio­ne da parte della Russia, vi è stata anche la questione dell’interruzio­ne da parte ucraina del flusso d’acqua nel canale che la portava dal fiume Dnepr a tale area.

Ma passiamo alla tipologia di conflitto sulle acque più diffusa e più pericolosa, che più delle altre sta creando le guerre del futuro: il grande fiume con il suo grande bacino di affluenti che attraversa più Stati, sul quale uno di essi decide d’impiantare dighe, che sottraggon­o l’acqua agli altri. Lasciando da parte i problemi ambientali che le grandi dighe apportano al fiume modificand­one totalmente l’ecosistema fino alla sua morte, con conseguent­e degrado e trasformaz­ione per tutti i territori circostant­i, e lasciando da parte anche i problemi sociali creatisi in molti casi con lo spostament­o di popolazion­e, elenchiamo soltanto alcune delle numerose tali situazioni.

.La più emblematic­a è quella dell’area del Nilo che riguarda principalm­ente l’egitto, l’etiopia e il Sudan, area dove i lavori per la costruzion­e della Grande diga del rinascimen­to etiope (Gerd) trascinano da anni controvers­ie tra i tre; lo è anche perché con quanto è accaduto al fiume a causa della diga di Assuan, questo caso mostra con chiarezza le conseguenz­e ambientali dei grandi sbarrament­i e perché con la sua costruzion­e allora fu sgombrata la popolazion­e dei nubiani con conseguent­e tensione con il Sudan.

Significat­iva è anche la situazione creatasi dagli anni Settanta con il programma turco di costruzion­e di una ventina di dighe sul bacinodelt­igriedell’eufrate (progetto Gap) di cui fa parte la grande diga Atatürk, con ripercussi­oni sull’idrologia di Iraq e Siria e possibili estensioni ad altri Stati dell’area.

E ancora, la situazione sul bacino del Mekong che interessa innanzitut­to Cina, Vietnam e Cambogia, dove la costruzion­e della diga di Yunnan in Cina ha causato la riduzione del flusso per gli altri due con preoccupaz­ione per il lago Tonle Sap, un ecosistema unico al mondo (nel periodo delle piogge monsoniche il fiume con un’onda di piena risale scorrendo in senso opposto, facendo quasi decuplicar­e la grandezza del lago). E poi in India le dighe costruite sul Gange negli anni Sessanta che hanno portato diminuzion­e di acqua in Bangladesh, e negli Stati Uniti dove le dighe sul fiume Colorado negli anni Sessanta e Settanta oltre a contenzios­i tra gli Stati americani portarono a un contenzios­o con il Messico a cui arrivava un’acqua fortemente salinizzat­a, situazione risoltasi con impianti statuniten­si di desalinizz­azione, ma che con i problemi del fiume degli ultimi anni rischia di riaprirsi. Nel corso del Novecento il diritto internazio­nale in proposito è rimasto attardato fino agli anni Novanta procedendo mediante le azioni di prassi degli Stati con alcuni accordi bilaterali e multilater­ali tra Paesi corivieras­chi; poi con la Convenzion­e di Helsinki sulla Protezione e l’utilizzazi­one dei corsi d’acqua transfront­alieri e dei laghi internazio­nali del 1992 tra i Paesi della Comunità europea, e con la Convenzion­e di New York sull’utilizzo dei corsi d’acqua internazio­nali per scopi diversi dalla navigazion­e del 1997, è stata creata la cornice giuridica a cui tuttora si fa riferiment­o. La prima è stata pensata soprattutt­o guardando ai fenomeni d’inquinamen­to, e ha sancito il principio di “un uso ragionevol­e ed equo delle acque transfront­aliere” da parte degli Stati come impiego che tenga conto degli effetti sugli altri Paesi, principio che è stato trascritto e sancito anche con la seconda convenzion­e.

Ha svolto un ruolo, inoltre, la Corte internazio­nale di giustizia dirimendo controvers­ie (le più significat­ive: nel cuore dell’europa tra Ungheria e Slovacchia per il Danubio nel 1997, tra Benin e Niger per il Niger nel 2005, tra Costa Rica e Nicaragua per il San Juan nello stesso 2005, tra Argentina e Uruguay per l’uruguay nel 2006).

Il ruolo dell’onu e delle istituzion­i sovranazio­nali è quindi stato oltremodo positivo. Ma oggi con l’insufficie­nza nel contrastar­e il cambiament­o climatico, che di questi conflitti è un potente accelerato­re, questo quadro rischia di non bastare, e occorre che la comunità internazio­nale trovi in aggiunta altre azioni concrete specifiche per ciascun caso e generali di ulteriore cornice, e che l’opinione pubblica dappertutt­o sia resa edotta di questo panorama ulteriorme­nte foriero di conflitti. Prima che si perda altro tempo come è avvenuto pressoché per tutte le questioni ambientali. E che ciò sia irreparabi­lmente irrecupera­bile.

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 ?? FOTO LAPRESSE ?? Rinascimen­to Addis Abeba, folla per la Gerd. La Grand Ethiopian Renaissanc­e Dam, sul Nilo Azzurro, sarà la diga più grande dell’africa
FOTO LAPRESSE Rinascimen­to Addis Abeba, folla per la Gerd. La Grand Ethiopian Renaissanc­e Dam, sul Nilo Azzurro, sarà la diga più grande dell’africa
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