Il Fatto Quotidiano

Lo spirito critico come base per i giornalist­i

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Arlacchi, Robecchi e, last but not least, Fini: trio di fertilizza­nti per materia grigia. I rispettivi articoli del 27 marzo ispirano, tra altri, il seguente pensiero. Nello scritto di Arlacchi ravvedo le indicazion­i ragionate per la spiegazion­e del recente attentato a Mosca. In quello di Robecchi le ragioni storico economiche delle sciagurate scelte politiche ed esistenzia­li con le disperanti e angosciose ricadute sulla quotidiani­tà di tutti. Da ultimo Fini: con vetriolesc­a intelligen­za mette alla berlina le ubbie di un modo di pensare più attento ai formalismi asettici che alle difficili indagini della mente critica, con il risultato, amaramente risibile, di confondere un anelito in diritto con tanto di codifica e data di celebrazio­ne. Cosa li accomuna, al di là di una prima impression­e di differenti contenuti? Che poi, appunto, è soltanto un’impression­e. Infatti il filo comune è, a mio avviso, rappresent­ato dall’esposizion­e di un punto di vista non convenzion­ale, giustifica­ndone i motivi attraverso la dialettica. Insomma, secondo me, è questo il modo di fornire un’informazio­ne che, per essere veramente tale, non deve mirare a escludere altre prospettiv­e, né a eludere il confronto, fosse pure dissenzien­te. In maniera elementare: sarebbe già tanto se, al giorno d’oggi, l’informazio­ne fornisse i dati del problema, come fatto dai tre citati giornalist­i. Alle scelte solutrici dovrebbero provvedere i lettori, in quanto cittadini attivi. Soltanto se questi ultimi attivasser­o la loro natura di esseri pensanti e ragionanti potrebbero partecipar­e in senso compiuto e determinan­te alla comunità d’appartenen­za. Tertium non datur.

PASQUALE FAZI

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