Il Fatto Quotidiano

“Capire se ha avuto contatti con pezzi dello Stato e se il 41 bis ha funzionato”

IL GIUDICE CHE SCRISSE LE MOTIVAZION­I DELLA CONDANNA: “FU IL CONFINE TRA IL PRIMA E IL DOPO”

- » Vincenzo Iurillo

Il giudice della prima sezione penale di Cassazione Raffaello Magi fu l’estensore delle motivazion­i della sentenza del maxi-processo Spartacus, il primo durissimo colpo inferto al clan dei Casalesi. Ressero fino in Cassazione, e con esse il primo ergastolo al boss Francesco “Sandokan” Schiavone: “Sancì una linea di confine, c’è un prima e un dopo quel processo e quella sentenza”.

Prima di Spartacus cosa c’era?

C’era il dominio incontrast­ato di un clan che aveva un forte radicament­o sociale e territoria­le nel Casertano. Il loro primo capo, Bardellino, era uno degli uomini di fiducia di Nuvoletta. Avevano rapporti stretti con Cosa Nostra. Avevano

impiantato una struttura militare che consentiva tra gli anni 80 e 90 di controllar­e una fascia vasta di territorio tra Napoli e Latina, con grossi investimen­ti nei settori degli allevament­i, degli alimentari, del calcestruz­zo. Veri monopoli che fruttavano notevoli guadagni senza più sporcarsi le mani col traffico di stupefacen­ti avviato da Bardellino e Mario Iovine attraverso il Sudamerica. Seppero ripulire quei proventi.

E dopo?

Spartacus iniziò con un solo pentito, Carmine Schiavone, e finì con otto. Dopo le misure cautelari del 1995 iniziarono a collaborar­e Dario De Simone, Giuseppe Quadrano, Franco Di Bona. Ci fu un notevole accrescime­nto della conoscenza del fenomeno casalese, questo ci consentì di fare luce sugli omicidi più importanti e cambiò le sorti del processo in corso. Ventuno condanne all’ergastolo misero così un’ipoteca negativa sul futuro di tantissimi boss, che capirono di non poter tornare in libertà.

Tra quegli ergastoli, ci fu quello di Sandokan. Come reagì il clan?

Con il colpo di coda della strategia stragista di Giuseppe Setola, che nel 2008 seminò il panico su tutta la provincia. Ma fu la loro fine dal punto di vista militare: Setola fu catturato quasi subito e si aprirono possibilit­à diverse per il territorio.

Cosa ha rappresent­ato Schiavone nella storia dei Casalesi?

Nasce come un soldato del clan che combatte e vince la guerra ai cutoliani, che si vede “scavalcato” nelle gerarchie dai nipoti di Bardellino. Secondo la nostra ricostruzi­one processual­e, è per questo che decide di far ammazzare in Brasile Antonio Bardellino, con lo scopo di sgominarne tutta la famiglia. Ne prende il posto, e si impone col carisma di un uomo d’azione, coraggioso, che spara senza sbagliare. Un killer spietato, che ha realizzato tantissimi omicidi. Ma non è un grande stratega nei rapporti con le altre cosche e dal punto di vista finanziari­o, in questo sono meglio di lui Francesco Bidognetti e Michele Zagaria. Schiavone però sa motivare i suoi uomini e sa scegliere gli obiettivi. E li realizza.

È in carcere da 26 anni: cosa può significar­e ora il suo pentimento? Che contributo può portare alle indagini?

Degli omicidi si è ormai saputo tutto. Ma il suo ruolo di comando del clan nei primi anni 90 fino all’arresto, potrebbe aver messo Schiavone in contatto con una rete di uomini delle istituzion­i e dell’imprendito­ria non ancora svelata. E magari potrebbe aver goduto di coperture. C’è poi un secondo aspetto, che riguarda i 26 anni trascorsi al 41-bis: può aiutarci a capire se questo regime penitenzia­rio ha funzionato o no, se è riuscito lo stesso a impartire ordini e in che modo, se riusciva a mantenere contatti con l’esterno. Altrimenti pentirsi sarebbe soltanto una scelta simbolica.

‘‘ Dobbiamo accertare se in questi anni ha continuato a impartire ordini ai fedelissim­i

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FOTO ANSA Un killer spietato Francesco Schiavone. A lato, Raffaello Magi

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