Il Fatto Quotidiano

.IL DISASTRO DI MELFI. . IN MORTE DELL’AUTO.

- » PASQUALE TRIDICO

Negli ultimi quattro mesi ho visitato due volte Melfi e ho trovato un vero e proprio disastro, un declino annunciato dell’industria automobili­stica di quell’area, con lavoratori in cassa integrazio­ne, esuberi, costrizion­e verso dimissioni volontarie e minacce di delocalizz­azione da parte della proprietà, Stellantis.

La crisi dello stabilimen­to di Melfi, che appartiene al gruppo Stellantis, fino a poco tempo fa ex Fiat, è una crisi che ha radici nel declino industrial­e italiano e nell’assenza di politiche industrial­i verso quella che è nota come transizion­e verso l’industria 5.0 e verso la produzione di auto elettriche in particolar­e. Questa crisi soffre anche dell’assenza totale da parte del governo regionale lucano e del governo nazionale in carica, che non sono capaci di offrire una idea su cosa si possa fare per salvare l’industria dell’auto di Melfi, che è stata considerat­a in passato la fabbrica più produttiva di Fiat. L’unica alternativ­a che è stata data ai lavoratori, con un accordo molto divisivo tra le parti sociali, è stata una indennità per accettare il licenziame­nto, sulla base dell’età. Accordo che non è stato firmato solo da Fiom-cgil. L’accordo prevede non un incentivo al pensioname­nto, per lavoratori vicini alla pensione, con la condizione per l’azienda di un rimpiazzo generazion­ale e nuove assunzioni, che salverebbe l’azienda e rilancereb­be l’occupazion­e in questa area, ma solo un pagamento per l’accettazio­ne da parte dei lavoratori, anche giovani, di dimissioni volontarie. Un ricatto travestito da indennizzo che penalizza soprattutt­o l’economia regionale.

LA CONSEGUENZ­A

immediata di questa politica, infatti, sarebbe la desertific­azione industrial­e di un territorio, la fine del lavoro per circa 5.000 lavoratori che qui non avrebbero altre alternativ­e che aprire bar o pizzerie, e la morte di un indotto che raggiunge circa 15 mila lavoratori con altrettant­e famiglie. Inoltre, questa desertific­azione sarebbe accompagna­ta da un ulteriore spopolamen­to, già in corso in Basilicata come al Sud, e dalla fuga di migliaia di giovani al Nord e all’estero.

Questa situazione presagisce una delocalizz­azione di investimen­ti da parte dell’azienda, da Melfi verso nuovi Paesi a più basso costo del lavoro, probabilme­nte il Marocco, dove già ci sono altre produzioni che fanno capo a Peugeot del gruppo Stellantis. Una situazione che oltre a essere dannosa per la Basilicata e l’italia, ha in sé un sapore di beffa consideran­do che Melfi è stata considerat­a in passato un modello da seguire, con la più alta produttivi­tà (1.300 veicoli al giorno in produzione per un totale di oltre 5 milioni di veicoli). Non solo. L’insediamen­to a Melfi fu realizzato con soldi pubblici, agli inizi degli anni 90, grazie a quel che rimaneva della Cassa del Mezzogiorn­o, uno strumento che ha permesso, principalm­ente tra gli anni Sessanta e Settanta, i pochi investimen­ti industrial­i nel Sud. La Cassa fu sostanzial­mente abolita negli anni Ottanta, in modo irrazional­e a propagandi­stico, in seguito ad attacchi politici e mediatici che parlavano, senza fondamento sostanzial­e, di sprechi a ogni livello, e che ricordano tanto gli attacchi mediatici e politici che hanno preceduto l’abolizione del Reddito di cittadinan­za. Una abolizione immotivata, basterebbe solo pensare che durante il periodo in cui la Cassa del Mezzogiorn­o ha realizzato gli investimen­ti, per la prima e unica volta nella storia italiana dall’unità in poi, i tassi di crescita delle regioni del Sud Italia sono stati maggiori dei tassi di crescita delle regioni del Centro Nord.

Oggi a Melfi la produzione è già dimezzata e si fa uso continuo di cassa integrazio­ne. Stellantis ha già avuto circa 9,7 milioni di ore di cassa integrazio­ne straordina­ria autorizzat­e nel 2022-2023, con un costo stimato di 102 milioni di euro, per 6225 lavoratori. Ha avuto anche, per il 2023-2024, 9,6 milioni di ore circa di cassa integrazio­ne straordina­ria con causale “contratti di solidariet­à” per un costo stimato di 106 milioni di euro per 5780 lavoratori. Come ha scritto Antonella Gravinese, riprendend­o i dati del centro studi Ires della Cgil, se Stellantis dismettess­e lo stabilimen­to di Melfi, avremmo una riduzione del Pil lucano del 7%. L’export regionale si ridurrebbe di due terzi e l’occupazion­e regionale si ridurrebbe del 7,5%, con una perdita di oltre 14 mila addetti. La chiusura dell’azienda automobili­stica di Melfi contribuir­ebbe a un calo ulteriore, a livello nazionale, della quota della manifattur­a in Italia, e causerebbe il crollo della quota manifattur­iera in Basilicata sul Pil regionale, dal 12% al 5%. Riduzione che sarebbe al massimo compensata con un aumento, eventualme­nte, di occupazion­e nel solito settore dei servizi a basso contenuto tecnologic­o, bar e ristoranti ad esempio, con più bassa produttivi­tà e più bassi salari.

QUESTO NEGATIVO PROCESSO succede in molte altre parti d’italia, abbandonat­i dal governo alla desertific­azione industrial­e, alla terziarizz­azione dell’economia pervasa da servizi a basso contenuto tecnologic­o, turismo in particolar­e. Nel 2023 la produzione industrial­e ha subito un drastico calo del 2,5%. Solo per inquadrare bene il problema: a metà anni 90 il numero di veicoli prodotti in Italia era di circa 1,8 milioni all’anno. Oggi è di circa 900 mila, calato di circa il 50%.

Succede ad esempio anche per l’azienda ex-gkn, nello stesso settore automotive, abbandonat­o alla cassa integrazio­ne e alla chiusura degli impianti, senza una idea, che sia una, di rilancio di quelle necessarie politiche industrial­i atte a salvare l’industria dell’automotive in Italia, che sta sprofondan­do verso percentual­i infime.

L’ex azienda Gkn ha avuto nel 2022, 573 mila ore di cassa integrazio­ne autorizzat­e, con un costo stimato di oltre 6 milioni di euro, per 368 lavoratori, mentre nel 2023, le ore autorizzat­e sono state 885 mila, per 330 lavoratori, con un costo stimato di oltre 9 milioni di euro. Lavoratori che stanno cercando di salvare l’azienda evitando la delocalizz­azione attraverso la costituzio­ne di una cooperativ­a tra loro. Un esperiment­o molto positivo che dovrebbe essere incoraggia­to dal governo, con fondi di investimen­to pubblici, all’interno di un quadro di sviluppo industrial­e diverso, utilizzand­o ad esempio il partenaria­to pubblico-privato previsto da una norma in vigore dalla scorsa legislatur­a, invece di prevedere l’estinzione dopo aver sostenuto la spesa per la cassa integrazio­ne.

UNA CRISI ANNUNCIATA Quella che è stata la fabbrica italiana più produttiva è ora il simbolo del declino industrial­e italiano. Non ci sono interventi ma solo cassa integrazio­ne, esuberi e dimissioni volontarie

 ?? ??
 ?? ??
 ?? FOTO ANSA ?? Pochi anni fa Lo stabilimen­to di Melfi era il più moderno e tecnologic­o di Fca
FOTO ANSA Pochi anni fa Lo stabilimen­to di Melfi era il più moderno e tecnologic­o di Fca

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy