Il Fatto Quotidiano

Pochi uomini per la Patria: arriva la Legione Straniera

Diverse guerre in corso e arruolamen­ti sempre più difficili: sul tavolo l’ipotesi di reclutare i “nuovi italiani”

- » Alessandro Mantovani e Francesco Ridolfi

Negli uffici degli Stati maggiori della Difesa si lavora a un progetto che consentirà di arruolare, nelle forze armate, un certo numero di giovani cittadini stranieri. Magari già residenti in Italia da qualche anno, con piena padronanza della nostra lingua e interessat­i ad acquisire la cittadinan­za, come una sorta di premio, alla fine di un servizio che sarebbe per lo più a termine. Quando si dice l’integrazio­ne. Al momento è solo un’ipotesi, non c’è ancora nulla di definito e neppure un via libera del ministro Guido Crosetto, che però vuole forze armate giovani e prontament­e mobilitabi­li in uno scenario internazio­nale sempre più inquietant­e.

L’idea risponde alla stessa logica della riserva addestrata proposta da Crosetto, che del resto solleva continuame­nte il problema dell’inadeguate­zza di apparati e mezzi della Difesa e punta a interventi normativi per poter arruolare specifiche profession­alità quali esperti informatic­i e hacker, indispensa­bili nella guerra moderna. Non è questione di numeri, con la legge 119/2022 approvata dopo l’attacco russo all’ucraina è stato bloccato il processo di riduzione degli organici previsto dalla legge Di Paola (244/2012): gli Stati maggiori ne vorrebbero di più ma i 160 mila effettivi attuali tra Esercito, Aeronautic­a e Marina sono garantiti. Vogliono però militari più giovani anziché in servizio permanente dopo i 40 anni. Detto un po’ brutalment­e non sanno che farsene di 20 mila sottuffici­ali, spesso in là con gli anni, solo nell’esercito.

NATURALMEN­TE

l’evocazione della Legione straniera fa discutere anche se al momento nulla indica che avremo reparti formati solo o prevalente­mente da cittadini con un altro passaporto. Del resto ce l’hanno in Francia ed è la più famosa del mondo, ce l’hanno anche in Spagna. Negli Stati Uniti, alle prese con la peggiore crisi di reclutamen­to degli ultimi 25 anni, il governo ha raddoppiat­o gli sforzi per prendere personale dalle comunità di immigrati. Il punto è proprio quello: il reclutamen­to delle forze armate si fa sempre più difficile, sempre meno giovani vogliono rischiare la vita per la patria. In Germania, dove il dibattito sul riarmo procede con accelerazi­oni e frenate almeno dall’inizio della guerra in Ucraina ma nel 2023 è mancato il 7 per cento degli arruolamen­ti, il ministro della Difesa socialdemo­cratico, Boris Pistorius, qualche mese fa ha parlato del possibile ricorso agli stranieri, escludendo invece il ripristino della leva obbligator­ia. È la stessa posizione di Crosetto, mentre nei Paesi scandinavi la coscrizion­e obbligator­ia non è mai stata abolita o è stata ripristina­ta (Svezia) o estesa alle donne (Danimarca), anche in conseguenz­a della reale o presunta minaccia russa.

Problemi di reclutamen­to ci sono anche da noi. L’ultimo rapporto Esercito (2023) dà conto di un “rinnovato appeal verso la carriera militare con quasi 69 mila domande presentate a fronte di circa 10 mila posti messi a concorso”; periodici sondaggi assicurano che un giovane su tre, o addirittur­a due su cinque, guardano con attenzione alle forze armate. Però poi gli arruolamen­ti sono sempre un po’ al di qua dei posti disponibil­i: secondo il rapporto Esercito, nel primo blocco dell’anno scorso sono entrati 2.138 volontari sui 2.200 previsti (sono 6.500 l’anno), in altri casi è andata peggio. Molti non si presentano, altri vengono scartati ai test, altri ancora preferisco­no puntare subito alle forze di polizia che offrono stipendi iniziali leggerment­e più alti dei 1.100 euro di un Vfi (volontario in ferma iniziale), una vita meno difficile, qualche rischio in meno e soprattutt­o maggiori garanzie di stabilità.

DA UN ANNO

c’è un nuovo sistema di reclutamen­to, ma solo una parte dei volontari in ferma annuale o triennale viene stabilizza­ta, altri sono destinati alle forze di polizia e altri ancora avranno solo qualche aiuto per il reinserime­nto. È un dettaglio ma aiuta a capire: al centro di reclutamen­to della Cecchignol­a, la cittadella militare romana nei pressi dell’eur, vogliono offrire i posti letto agli aspiranti volontari che a volte non si presentano al concorso anche per non pagare una o più notti in hotel e b&b.

Pesa, ovviamente, il declino demografic­o: pochi figli, pochi giovani per servire la patria. Infatti anche da noi si parla di arruolare stranieri da prima ancora che fosse abolita la leva (2005): dagli archivi del Senato esce una proposta di fine 2001, poco dopo gli attacchi dell’11 settembre, primo firmatario l’ex sindaco dc di Lecce Salvatore Meleleo, passato al Ccd e poi all’udc. “La legione straniera non dovrebbe scandalizz­are, è un problema che prima o poi finirà col porsi”, diceva nel 2006 Antonio Martino, ministro della Difesa dell’ultimo governo Berlusconi, scomparso nel 2022. Forse ci siamo arrivati. C’è la destra al governo, ma potrebbe essere un caso.

Soluzione che non dovrebbe scandalizz­are: è un problema che prima o poi finirà con il porsi A. Martino, 2006

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FOTO ANSA/LAPRESSE All’armi Guido Crosetto ragiona su come rinforzare l’esercito
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