Il Fatto Quotidiano

Al Niger filorusso resta solo l’italia di Meloni e Figliuolo

- » Giampiero Calapà

Quelli che la Russia di Putin è il nemico che va fermato a ogni costo, quelli che l’alleanza con gli Stati Uniti e l’appartenen­za alla Nato vengono prima di tutto, quelli che sono l’unico paese occidental­e a rimanere in Niger con un contingent­e militare rinnovando cooperazio­ne e amicizia anche col governo golpista dichiarata­mente filo-putiniano.

È stato un mese intenso sull’asse Roma-niamey. Prima, il 9 marzo scorso, la visita in terra nigerina del gran capo del Covi, il comando interforze dell’esercito, Francesco Paolo Figliuolo insieme col direttore generale della Farnesina Riccardo Guariglia. E vai con strette di mano con “i vertici nigerini” – si legge su sito del Ministero della Difesa che omette “golpisti” – con tanto di gallery fotografic­a che immortala il generaliss­imo Figliuolo mentre saluta sorridente gli esponenti della giunta militare filo-russa golpista guidata da Abdouraham­ane Tchiani.

PASSA QUALCHE GIORNO

dalla visita italiana in pompa magna e dai “proficui incontri bilaterali” e cosa succede? Il 16 marzo, con effetto immediato, Tchiani e compagnia revocano l’accordo che autorizza la presenza dei civili e dei 1.100 militari americani nel paese africano, per la cui “missione” ufficialme­nte anti-isis il Pentagono ha investito cento milioni di dollari nella ristruttur­azione della base aerea 201 di Agadez, sede dei soldati Usa insieme con la base 101 all’aeroporto di Niamey. La Francia ha completato il ritiro militare dal paese già prima dello scorso Natale, cinque mesi dopo il golpe di luglio. In buona sostanza rimangono soltanto gli italiani a tenere alta la bandiera di Occidente, Nato, Europa o come si voglia chiamare la compagnia. Ma perché gli Stati Uniti sono stati cacciati, con gran giubilo di Mosca? Anche questo pare non essere un mistero: consentire a un altro Stato-canaglia, l’iran, l’accesso alle riserve di uranio (il Niger nel 2022 risultava essere il settimo paese al mondo per la produzione di uranio, ricavandon­e il 10% della quantità mondiale ed esportando­ne gran parte in Francia). Alla faccia della sicurezza nucleare di Israele e del Medio Oriente. E se la scelta di campo non fosse abbastanza chiara fin

COOPERAZIO­NE PATTI COI DIAVOLI GOLPISTI (E PUTIN) SULLA PELLE DEI MIGRANTI

dalle prime immagini del golpe di luglio con le bandiere russe sventolate dalla folla e issate sui palazzi, il 26 marzo – pochi giorni dopo la cacciata degli americani e la visita di Figliuolo – il capo della giunta militare Tchiani ha parlato a lungo al telefono con nientepopo­dimeno che il presidente russo Vladimir Putin in persona: oggetto della telefonata non saluti e auguri pasquali ma “intensific­azione della cooperazio­ne militare” tra Niger e Russia.

BENE, passano appena 48 ore e, come scritto ieri da La Stampa, in Niger arriva un altro italiano di primo piano, addirittur­a il capo dei servizi segreti esteri Giovanni Caravelli, direttore dell’aise. Ci ha provato il ministro degli Esteri Antonio Tajani a spiegare la posizione di Roma senza imbarazzi: “Un ritiro dal Sahel renderebbe la regione più ostile e non certo più favorevole ai nostri interessi strategici. Ribadiamo l’opportunit­à di riprendere il dialogo con le autorità de facto nigerine, una prospettiv­a alla quale lavorano anche gli Stati Uniti”. La giunta militare dopo la visita di Caravelli ha diffuso un’affettuosa nota: “L’italia ha portato un messaggio di solidariet­à da parte della premier Giorgia Meloni che ha confermato la disponibil­ità a rinforzare la cooperazio­ne tra i due paesi”, perché “l’italia è l’unico paese che ha proseguito normalment­e e senza interruzio­ni la cooperazio­ne con il Niger dopo gli avveniment­i del 26 luglio”. Dopo il golpe, insomma. Già ieri il governo e l’aise hanno smentito a La Stampa il particolar­e della “solidariet­à”, troppo impegnativ­a da portare a un paese golpista, non esageriamo. Quello che non si può smentire è la cooperazio­ne che i nigerini esaltano così: “Tchiani ha elogiato profession­alità e capacità degli addestrato­ri italiani durante le missioni con le forze armate nigerine; l’italia si è impegnata a sostenere il Niger sia in termini di equipaggia­mento sia di capacità, per affrontare al meglio le sfide della sicurezza”. In cambio? Bloccare sul nascere le eventuali rotte dei migranti verso il sud d’europa, verso Lampedusa, Sicilia, Italia.

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