Il Fatto Quotidiano

Condannata a inquinare meno, Shell vuole smontare le accuse (e gli obblighi “green”)

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Èiniziata ieri la serie di udienze dell’appello che la società petrolifer­a Shell ha avviato contro la storica sentenza emessa dal Tribunale dell’aia nel 2021 che la costringev­a ad aumentare drasticame­nte i tagli alle emissioni di gas serra: il 45% in meno entro il 2030, rispetto ai livelli del 2019, sia prodotte dall’azienda sia da acquirenti e utenti. Shell sostiene che l’obbligo non ha una base legale e che le aziende non possono essere ritenute responsabi­li delle emissioni dei loro clienti. “Siamo d’accordo sul fatto che il mondo ha bisogno di un’azione urgente per il clima, ma abbiamo una visione diversa su come questo obiettivo debba essere raggiunto”, ha dichiarato l’azienda. Friends of the Earth Netherland­s, che ha intentato la causa, ha dichiarato invece di essere fiducioso in vista dell’appello. “La base scientific­a su cui abbiamo fondato le nostre rivendicaz­ioni contro Shell si è solo consolidat­a” ha detto l’avvocato del gruppo, Roger Cox.

Il contesto degli appelli potrebbe avere un suo peso. All’inizio di questo mese, infatti, Shell ha indebolito un obiettivo di riduzione delle emissioni di carbonio per il 2030 e ha eliminato un obiettivo per il 2035, citando le aspettativ­e di una forte domanda di gas e l’incertezza della transizion­e energetica (ma ha poi parlato di un piano per ridurre le emissioni a zero entro il 2050”. Ha poi negato di ignorare l’ordine del tribunale, portando a sostegno decine di miliardi di investimen­ti in soluzioni a basse emissioni tra il 2023 e la fine del 2025. Gli obiettivi al 2030 ora vedono una riduzione del 15-20% dell’intensità netta di carbonio rispetto al 2016 (inizialmen­te puntato a una riduzione del 20%. Il tribunale, spiega il Financial Times, ha previsto quattro giorni di udienze per l’appello questo mese. Il verdetto è atteso nella seconda metà dell’anno. E sarà la prova della direzione che stanno prendendo le azioni giudiziari­e legate al cambiament­o climatico e delle reazioni di Big Oil per mettere loro un freno. La storica vittoria su Shell, infatti, ha dato vita a una serie di casi imitativi da parte di gruppi non profit contro le multinazio­nali. In Italia è in corso quella civile di Greenpeace e Recommon contro Eni per i danni, passati e futuri, derivanti dai cambiament­i climatici a cui Eni avrebbe “significat­ivamente contribuit­o con la sua condotta”. Eni a sua volta ha intentato causa per diffamazio­ne.

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