Il pacifismo della Chiesa non è “prassi recente”
Vorrei tentare una forma di deterrenza mentale nei confronti di una tesi che vari commentatori sostengono, per opporsi, al pacifismo della Chiesa. La tesi si riassume nella frase: “Il pacifismo della Chiesa è dunque prassi recente” (Stefano Passigli, Corriere 24.03). A suo supporto, viene usato tra le altre cose l’argomento retorico della ricostruzione storica, con la quale si tenta di accreditare una posizione differente e più bellicista della Chiesa, e in particolare di Pio XII, durante la Seconda guerra mondiale (Paolo Mieli, Otto e mezzo, 11.03).
E allora vorrei invitare a rileggere proprio le parole di papa Pio XII nel messaggio ai fedeli del Natale 1943: “E ora voi tutti che portate la responsabilità, voi tutti che per disposizione o permissione di Dio avete nelle vostre mani il potere sopra la sorte del vostro e degli altrui popoli: ascoltate [...] La questione circa la colpa della presente guerra e la richiesta di riparazioni possono pure indurvi ad alzare la vostra voce. Oggi pero le devastazioni, che il conflitto mondiale ha prodotte in tutti i campi della vita, materiali e spirituali, arrivano già a una così incomparabile gravezza ed estensione [...] che Noi, per il bene e per la stessa esistenza di tutti e singoli i popoli, vi diciamo e scongiuriamo: sollevatevi sopra voi stessi, sopra ogni strettezza di giudizio e di calcolo, sopra ogni vanto di superiorità militare, sopra ogni affermazione unilaterale di diritto e di giustizia. Riconoscete anche voi le verità sgradevoli e educate i vostri popoli a guardale in faccia con serietà e fortezza. Vera pace non è il risultato, per così dire, aritmetico di una proporzione di forze, ma, nel suo ultimo e più profondo significato, un’azione morale e giuridica”.
E ancora: “Non pretendete da alcun membro della famiglia dei popoli, anche se piccolo o debole, rinunzie a sostanziali diritti e necessità vitali, che voi stessi, se si dovessero applicare al vostro popolo, giudichereste inattuabili. Date presto all’umanità ansiosa una pace, che riabiliti il genere umano dinanzi a se stesso e alla storia. Una pace, sopra la cui culla non guizzino i lampi vendicatori dell’odio, non gli istinti di una sfrenata volontà di rappresaglia, ma risplenda l’aurora di un nuovo spirito di comunanza mondiale, sorto dal mondiale dolore”.
Questo, sottolineo, nel Natale 1943. Chissà, forse anche allora qualche commentatore non mancò di sottolineare la “recente prassi pacifista” della Chiesa.