Casellati-prassede: poche idee, storte e molto pericolose
CLA RIFORMA ECCO I PRIMI VAGITI DEL PREMIERATO, BANDIERINA DA SVENTOLARE ALLE EUROPEE
hiediamo scusa in anticipo ai lettori per il fatto che ciclicamente li sottoponiamo alla lettura delle “res gestae Casellati”: ma compito nostro è tener traccia delle malefatte. Tutte le volte che leggiamo dichiarazioni della ministra per le Riforme Maria Elisabetta Alberti Casellati ci viene in mente la meravigliosa presentazione che Manzoni fa di Donna Prassede: una signora che “con l’idee si regolava come dicono che si deve far con gli amici: n’aveva poche; ma a quelle poche era molto affezionata. Tra le poche, ce n’era per disgrazia molte delle storte; e non erano quelle che le fossero men care”. Si sa che le idee della ministra oltre a essere storte sono parecchio confuse e altrettanto pericolose: prima voleva, seguendo i desiderata della presidentissima Meloni, l’elezione diretta del Capo dello Stato, poi entrambe sono disinvoltamente passate all’elezione diretta del presidente del Consiglio. Insomma, come disse lei stessa l’estate scorsa, “l’elezione diretta di qualcuno”. Questa dichiarazione non ci stanchiamo di ricordarla perché spiega benissimo in che mani siamo e che idea abbiano costoro delle istituzioni e del loro funzionamento. Intanto la madre di tutte le riforme – nel frattempo in maggioranza si sono più o meno accordati per l’elezione diretta del premier – è ai suoi primi vagiti: martedì la Commissione Affari costituzionali in Senato ha dato un primo via libera alla modifica dell’articolo
92 della Costituzione, con l’inserimento del principio dell’elezione diretta del capo del governo, del limite dei mandati, del premio di maggioranza, della facoltà di nomina e di revoca dei ministri da parte del presidente del Consiglio e la trasformazione in notaio del presidente della Repubblica.
CI INFORMANO LE CRONACHE che il governo intende procedere speditamente con la riforma (bandierina della campagna elettorale per le Europee) e rimandare a un momento successivo l’approvazione della legge elettorale che servirà a portare a termine questo scempio costituzionale. Ci conforta il fatto che sia la stessa strada intrapresa dai precedenti ricostituenti Boschi-renzi, con l’italicum e la riforma del bicameralismo (che mai videro la luce). Va detto che sarebbe quantomeno igienico che ci spiegassero come intendono garantire la maggioranza al premier, per evitare la bizzarra ipotesi di un capo dell’esecutivo eletto dal popolo e unto dal Signore, ma di minoranza. Spiega la ministra che non si è mai visto che si discuta della legge elettorale prima di avere uno scheletro della riforma costituzionale: “Lo faremo dopo l’approvazione in prima lettura, diversamente avremmo creato dei paletti insormontabili”. Tradotto: non riescono a mettersi d’accordo tra di loro. Ma non si esclude nulla, anche il doppio turno: “Comporre una legge elettorale non è semplicissimo, la sto studiando e vedremo quale potrà essere il vestito migliore per questo premierato”. Qui siamo di nuovo confortati (dal fatto che la stia studiando lei personalmente) e insieme assai preoccupati per le possibili porcherie che ci infileranno. La futura legge disciplinerà il sistema per l’elezione delle Camere e del presidente del Consiglio, ma la riforma prevede comunque un premio su base nazionale (non più con la soglia fissata al 55% come previsto inizialmente) che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio, nel “rispetto del principio di rappresentatività”. Verrà comunque costituzionalizzato il premio di maggioranza, che dovrà ragionevolmente scattare attorno al 40 per cento, forzando e distorcendo la volontà popolare. Con tanti saluti al principio di rappresentanza e alle pezze che potrà metterci la Consulta.