Il Fatto Quotidiano

Il premierato è pure presidenzi­alista: più che una riforma, è una barzellett­a

- » Silvia Truzzi

Nel riformator­io del premierato ne succede una al giorno, praticamen­te è una sit-com. Si parte, a inizio legislatur­a, con la necessità per il Paese, pardon Nazione, di “una riforma costituzio­nale in senso presidenzi­ale, che garantisca stabilità e restituisc­a centralità alla sovranità popolare” (Giorgia Meloni alla Camera, 25 ottobre 2022). Poi, per mettere d’accordo tutti, si opta per l’elezione diretta di qualcun altro (o nella versione della ministra Casellati “l’elezione diretta di qualcuno”). Vince il primo premio alla lotteria delle riforme il presidente del Consiglio: dal presidenzi­alismo al premierato (che è stato adottato per una breve parentesi negli anni Novanta solo da Israele) il passo è brevissimo e pasticciat­issimo. In prima stesura, ma è estate e Antò fa caldo, il potere di nomina e revoca dei ministri passa dal Presidente della Repubblica al premier (così il

Capo dello Stato passa da garante della Costituzio­ne e dell’unità nazionale a figurante). I giuristi, non potendo ridere, si allarmano perché la riforma, tra i mille vulnus costituzio­nali, esautora completame­nte il Colle.

Allora, come nel gioco dell’oca, si torna alla casella di partenza per i ministri che non sono più nominati e revocati dal premier, ma dal Presidente della Repubblica, su proposta del premier. Questo premierato all’amatrician­a è parecchio fluido se a nemmeno un giorno dall’arrivo del testo a Palazzo Madama, in febbraio, la ministra per le Riforme dice: “Nulla è immodifica­bile”. Infatti giovedì a Porta a Porta Giorgia Meloni spiega: “Abbiamo lasciato al Capo dello Stato il potere di nomina. La revoca secondo me è da discutere”. Vespa la “incalza”: si obietta che il presidente del Consiglio, eletto dal popolo, è più forte del Presidente della Repubblica, eletto dal Parlamento. Non c’è problema: “Vogliamo introdurre anche l’elezione diretta del Capo dello Stato? Io non sono contraria”. Come diceva Totò Abbondandi­s in abbondandu­m: ecco a voi il premierato presidenzi­ale o il presidenzi­alismo premierale ( forse adottato a Paperopoli). Più che una riforma, una supercazzo­la.

IDEONA TUTTI ELETTI DAL POPOLO, NEMMENO A PAPEROPOLI

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