“Il tax credit della ‘patria’? Balle, il 44% va a produzioni straniere”
Due notizie dall’audiovisivo italiano. Prima la buona: il Cinema Adriano di Roma gremito. Poi la cattiva: non si pagava il biglietto. L’industria indipendente si è riunita “non per battere cassa o lamentarci, ma raccontarci, interrompendo una visione distorta e informazioni sballate” sul tax credit che ingrassa i pingui, gli attori paperoni e con la cultura non si fa apericena. Titolo derivativo, e vieppiù ineffabile: “VOGLIAMO che ci sia ANCORA un DOMANI”. A Paola Cortellesi avranno pagato i diritti? L’unità del settore, come dice il maestro Bellocchio qui sopra, è gramsciana e morotea al contempo, ovvero il manovratore – leggi: il ministro Sangiuliano e specialmente il sottosegretario Borgonzoni – non lo si disturba, semmai lo si esorta, indirizza, invoca: di lotta e di governo, ecco l’alchimia cinematografica e già strapaesana. “Per la prima volta 21 sigle insieme e una visione unica”, afferma il dominus inter pares Andrea Occhipinti di Lucky
Red, e 100autori e Unita, Anica produttori e Cartoon Italia, Agici e Doc.it suonano l’allarme per voce sola: “Da una situazione di piena occupazione e forte crescita in tutti i segmenti della filiera oggi siamo di fronte a una vera e propria emergenza con molte produzioni rinviate o cancellate, livelli occupazionali in caduta, teatri di posa vuoti”.
Forti di una filiera di 9 mila imprese e 65 mila occupati, di un moltiplicatore industriale stimato in 3,5 e di un’eccezione culturale da rassomigliare i galletti d’oltralpe, gli indipendenti fanno le pulci al tax credit ultimo scorso, 2022: l’investimento per il cinema italiano non è pari a 768,35 milioni di euro, giacché vanno decurtati i 338,50 andati alle produzioni straniere che hanno girato in Italia. E con il sovranismo, come la mettiamo? La situazione è grave, non sempre seria. Fioccano interventi in bilico tra Amici di Maria De Filippi, assemblee del Tasso e sedute di autoanalisi, eppure si prova a stilare una lista, non della spesa, e forse nemmeno delle priorità: la convergenza è sullo “sblocco del tax credit, dei contributi selettivi e di quelli automatici della Legge Cinema Franceschini, a partire dal “decreto di riparto” delle risorse a disposizione del settore per il 2024, con Occhipinti che darebbe precedenza agli automatici, fermi da quattro anni.
Sempre sul tax credit, si chiede la “reintroduzione di escalator e cap per opera e per gruppi di impresa”, mentre nei desiderata indie “piattaforme e broadcaster non dovrebbero auto-distribuire attraverso le loro filiali (Rai Cinema, Medusa e Vision) tutti i propri prodotti, lasciando sul mercato i diritti di sfruttamento”. Ancora, per le produzioni d’animazione urge il mantenimento dell’aliquota del 40% di tax credit, laddove i documentaristi stigmatizzano nessuna tutela nel TUSMA, con l’abolizione delle sotto-quote ad hoc.
Il domani dell’intestazione prende un po’ la mano, i ggiovani l’adriano, sicché la platea agée denuncia qualche fastidio: “E gli over 70, andiamo a casa – sbotta una regista – a fare le polpette?”.