SUL “TATAMI” IRAN E ISRAELE SI INCONTRANO IN PACE
Nattiv e Amir girano uno “sport movie” che inneggia ai diritti umani: era ora
ACCLAMATI, MINACCIATI, puniti. Altrimenti auto-esiliati. Con quest’ordine procede il trattamento degli atleti iraniani da parte del patrio regime islamico, specie di fronte a una possibile sfida sportiva con Israele, il nemico (sempre più) giurato. Dunque ben venga il Tatami judo-cinematografico che tale sfida trasforma in felice incontro di regia, laddove l’israeliano Guy Nattiv e l’attrice neo-regista iraniana Zar Amir (per la Bbc tra le 100 donne più influenti e ispiratrici del 2022) si uniscono a co-firmare un thriller politico che viaggia alto, oltre ogni chiasso mediatico, retorico e propagandistico. Perché l’arte anche a questo risponde, nella rappresentazione di un racconto verosimile che tante storie vere racchiude e simboleggia. Come quella, appunto, della judoca Leila, capitana della squadra d’iran, forte candidata all’oro mondiale ai giochi di Tiblisi. Con la sua coach Maryam viene intimata a ritirarsi dal torneo inscenando un infortunio: come uscire da un cul de sac rischioso per la vita propria e dei famigliari pur volendo difendere la sacrosanta libertà a gareggiare? Il dilemma diviene quello di un popolo vessato, di donne massacrate quando “disobbedienti”, della Storia scritta da regimi e dittature che si ripropongono.
Sport movie che inneggia ai diritti umani e civili, Tatami unisce alla voglia di riscatto personale dell’eroina velata quella di un’identità in fase evolutiva, fisica e arrabbiata di chi è chiamato a combattere – in primis – contro se stesso, orfano di “madre-patria”.
Girato in un eloquente bianco&nero e nell’unità spaziale del palazzetto dello sport, il film viaggia deciso e compatto dentro alla spirale infernale delle due protagoniste che, tra un flashback e uno sguardo al futuro, segnano il passo a chi ancora non ha avuto il coraggio di compierlo.