Il Fatto Quotidiano

Nomine, Suk di primavera: Ferrovie verso il ricambio

Nelle Fs niente riconferma per l’ad Ferraris, al suo posto in pole Donnarumma. In Cdp Palazzo Chigi spinge per la proroga di Scannapiec­o

- Carlo Di Foggia

Dopo mesi di tensioni, la decisione pare presa. In Ferrovie dello Stato si va verso un ricambio del vertice, a partire dall’amministra­tore delegato Luigi Ferraris, nominato tre anni fa dal governo Draghi. Al suo posto dovrebbe arrivare Stefano Donnarumma, manager che un anno fa vide svanire il grande sogno di passare da Terna all’enel. È una delle novità della tornata di nomine di primavera che, tra cda e collegi sindacali, vedrà la spartizion­e di circa 500 posti: i ricambi non mancherann­o, essendo stati occupati con un’altra maggioranz­a politica.

Oltre alla Rai, l’altro piatto forte è la Cassa depositi e prestiti, il braccio finanziari­o del governo, dove il “draghiano” Dario Scannapiec­o ha buone possibilit­à di riconferma, forte del gradimento di Palazzo Chigi e della sostanzial­e assenza a destra di una classe dirigente all’altezza delle faccende di sottogover­no. La partita, stando a quanto filtra, si dovrebbe decidere prima delle Europee di giugno, che potrebbero mutare i rapporti di forza: l’ipotesi di rinviare tutto a luglio, per ora, appare remota.

PER LE FERROVIE, fonti di governo confermano che c’è una sostanzial­e identità di vedute tra Palazzo Chigi, il ministero dell’economia, che è l’azionista, e quello dei Trasporti. D’altronde Matteo Salvini ha più volte criticato la gestione del gruppo negli ultimi tempi. Pare esserci una certa concordia pure sul nome di Donnarrumm­a come sostituto.

Le Fs hanno avuto un anno travagliat­o, soprattutt­o per la gestione dei ritardi sull’alta velocità – più volte criticata da Salvini – con disagi per i viaggiator­i sempre più frequenti e paralisi di intere tratte. I vertici pagano anche incidenti “politici” e costose iniziative estemporan­ee. A novembre, per dire, la controllat­a Trenitalia è stata travolta dalle polemiche per aver concesso al ministro dell’agricoltur­a, Francesco Lollobrigi­da, una fermata straordina­ria a Ciampino del suo Frecciaros­sa per evitargli di arrivare in ritardo a Napoli. L’attivismo del management per ottenere la riconferma si è visto anche nei treni “griffati” per Pompei o Sanremo in occasione del Festival (costato circa 230mila euro e contestato da Salvini con retroscena al veleno sui giornali). A dicembre scorso il gruppo ha poi lanciato in grande stile (e vari ministri presenti) l’“espresso Cadore”, il treno Roma-cortina (o meglio, Calalzo) finito in un costoso flop e chiuso a metà marzo. Iniziative bizzare, gestite da Trenitalia, dove l’ad Luigi Corradi – un tempo in quota Lega – sperava di sostituire Ferraris, che a sua volta ha avallato tutto alla ricerca della riconferma. Corradi è finito poi nel mirino dei leghisti per aver tentato di accreditar­si con Fratelli d’italia: il ricambio nella holding dovrebbe mettere fine anche allo scontro interno.

In Cdp la partita è più complessa. Scannapiec­o fu scelto a maggio 2021 da Mario Draghi, con cui ha condiviso gli anni al vertice della tecnostrut­tura del Tesoro nella stagione delle privatizza­zioni, prima di passare lunghi anni al vertice della Banca europea degli investimen­ti. Con l’arrivo di Meloni, il manager era dato in uscita alla scadenza, ma è riuscito – anche tramite il fedele capo staff Fabio Barchiesi, già capo di Coni Labs – a ingraziars­i gli uomini più vicini a Meloni: dal sottosegre­tario Giovambatt­ista Fazzolari al capo di gabinetto Gaetano Caputi. Piace meno al ministro-azionista Giancarlo Giorgetti, che però non ha la forza di imporsi. Meloni è dunque tentata

di assecondar­e il suo staff.

L’ALTERNATIV­A a Scannapiec­o, circolata nei giorni scorsi, è l’ad di Poste, Matteo Del Fante, che però non è in scadenza. Un grosso ostacolo sarebbe rappresent­ato dallo stipendio: l’ex manager di Terna, renziano poi passato indenne in tre governi, in Cdp andrebbe a prendere un emolumento tre volte inferiore. Certo, ci sarebbe anche il tema di cosa fare della Cassa depositi, l’unico braccio finanziari­o rimasto al governo (e custode del risparmio postale) che ha appena chiuso il conti 2023 con numeri record, ma che nelle grandi partite finanziari­e, come quella della rete Tim, è rimasta ai margini limitandos­i a gestire il minestrone impazzito di partecipaz­ioni avuto in eredità. A Palazzo Chigi questo è l’ultimo dei pensieri.

500 POSTI SUI COLOSSI DECISIONE PRIMA DELLE EUROPEE

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FOTO ANSA Nuovi vertici Verso il ricambio totale del management nel gruppo dei trasporti di Stato

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