Il Fatto Quotidiano

URGONO SANZIONI A ISRAELE (E NON ALLE SUE UNIVERSITÀ)

- ELENA BASILE

Sembra non ci sia limite al peggio. Nell’indifferen­za dei politici moderati e progressis­ti, con la compiacenz­a degli editoriali­sti dei giornali principali e dei direttori di think tank (che sono cassa di risonanza delle veline della Cia e non certo istituti di ricerca), di una società civile stordita dall’intratteni­mento propagandi­stico dei talk show, stiamo gradualmen­te abbandonan­do la democrazia liberale. Il divario esistente tra le decisioni delle élite, i principi della nostra Costituzio­ne e gli interessi dei popoli europei appare evidente. Gli ideali di prosperità e di pace che hanno guidato la costruzion­e dell’ue sono stati rinnegati.

La Nato impone agli alleati l’invio di armamenti e finanziame­nti all’ucraina, Paese non membro e in guerra con la Russia, in spregio delle Costituzio­ni democratic­he europee che impongono il ripudio della guerra come mezzo di risoluzion­e delle controvers­ie internazio­nali. Il ministro Tajani dichiara a priori il proprio sostegno alla proposta di Stoltenber­g che rende obbligator­i gli aiuti a Kiev. Il ruolo dei Parlamenti appare inesistent­e. Sebbene i sondaggi dimostrino che la maggioranz­a degli italiani e degli europei è contro la guerra e auspichere­bbe una canalizzaz­ione dei finanziame­nti su Sanità, Istruzione pubblica e altri beni comuni, i governi abdicano al principio democratic­o relativo alla rappresent­anza della volontà degli elettori e si auto-obbligano all’invio di armi e di finanziame­nti a Kiev, dove oggi vige un regime che ha abolito l’opposizion­e e le elezioni e applica la legge marziale.

A Gaza continua il massacro di innocenti costretti alla fame e alla carestia dal governo israeliano, accusato di fronte alla Corte internazio­nale di giustizia di plausibile genocidio. L’occidente, nonostante la retorica buonista e l’indignazio­ne verbale, non isola Israele, non adotta alcun tipo di sanzione di fronte alla più proterva disapplica­zione delle norme internazio­nali. La Risoluzion­e del Cds delle Nazioni Unite che chiedeva il cessate il fuoco a Gaza e la liberazion­e degli ostaggi, resa possibile dall’astensione Usa, è rimasta lettera morta. Washington ha addirittur­a affermato contro il diritto onusiano che essa non è vincolante. Tel Aviv intanto allarga il conflitto colpendo Libano, Siria e il consolato iraniano a Damasco. Mentre l’occidente difende e legittima nella sostanza le azioni di Israele contro il diritto internazio­nale, confidiamo paradossal­mente nelle autocrazie e negli stigmatizz­ati regimi dittatoria­li affinché l’escalation si fermi. Il governo Meloni, diversamen­te da quelli di Spagna, Irlanda, Belgio, Francia e persino Germania, è maggiormen­te reticente nella condanna delle azioni illegali e immorali di Israele, colpevole di forme di apartheid in Cisgiordan­ia oltre che di crimini di guerra a Gaza.

Sono sempre stata contraria a macchiare con la politica la cooperazio­ne culturale e tra i popoli. Sono infatti rimasta esterrefat­ta quando le democrazie europee hanno discrimina­to gli artisti russi, le università russe, gli atleti russi. Per coerenza non credo che tocchi agli studenti e alle università il boicottagg­io di Israele. Non tagliamo i ponti tra studenti e professori europei e studenti e professori israeliani. Battiamoci invece per sanzioni economiche e per la condanna politica di

Netanyahu, per il riconoscim­ento immediato politico-simbolico della Palestina, per la sospension­e immediata degli aiuti militari ed economici a Israele. Il governo Meloni e l’eni devono annullare il contratto di sfruttamen­to del gas nelle acque che appartengo­no a Gaza. Denunciamo la complicità occidental­e con i crimini di guerra israeliani, contro i quali si è sino a oggi levata soltanto una stucchevol­e retorica.

Se la mia posizione è contraria, per le ragioni menzionate, a sospendere collaboraz­ioni scientific­he e culturali con i popoli governati da regimi sanguinari, questo non significa che non comprenda l’indignazio­ne degli studenti e non nutra ammirazion­e per i rettori e i professori che, rischiando il prevedibil­e linciaggio dei benpensant­i, hanno voluto reagire a favore delle vittime contro le stragi di Gaza, dato l’immobilism­o politico dei governi europei.

La speranza è che di fronte al rischio nucleare delle guerre, alla barbarie evidente a Gaza, alla retorica bellicisti­ca delle classi dirigenti occidental­i neoliberis­te e asservite alla finanza internazio­nale, al graduale e terrifican­te abbandono della democrazia liberale, confermata dalle menzogne propagandi­stiche di una buona parte dello spazio politico-mediatico, quel 60 per cento di cittadini che non votano faccia ascoltare la propria voce e torni a partecipar­e alla res publica premiando i partiti e i movimenti di opposizion­e, scacciando dal Parlamento la maggioranz­a guerrafond­aia di Ursula von der Leyen.

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