L’ AUTONOMIA DI CASSESE, L’ALLINEATO PER NATURA
In un recente inserto del Foglio il professor Sabino Cassese ha stilato un rapporto su “Come sta la sanità”, rilevando che: la spesa sanitaria in Italia è più bassa di quasi un terzo della media europea; gli italiani sopportano direttamente il 22% della spesa (contro la media del 15% a livello Ue); sette regioni non garantiscono la copertura completa dei livelli essenziali di assistenza.
CON QUELLE
osservazioni l’accademico sembra smentire di essere seguace del pensiero di Samuel von Pufendorf (che allinea il diritto alla volontà del sovrano): di tale indirizzo fornisce continue prove, aderendo da ultimo ai test per l’ammissione in magistratura. In audizione parlamentare, infatti, Cassese ha sostenuto che l’autonomia differenziata gioverà anche a quelle regioni, indirizzando loro, insieme al bergamasco Roberto Calderoli, un invito che, in orobico, suona “ranges!” (arrangiatevi!).
Il professore ha poi elencato le disfunzioni da correggere. Alcune di queste come l’organizzazione della medicina di base nonché l’odiosa scarsità di risorse per un’equa retribuzione del personale sanitario sono di generale condivisione. Altre disfunzioni, pure di sicuro fondamento, lasciano perplessi per l’aperto contrasto con quanto sostenuto, in altre sedi, dal noto accademico che qui propone una migliore cooperazione nell’ambito del Servizio sanitario nazionale per non far “rivivere l’italia dei campanili che fa resistenza a una distribuzione più razionale del servizio”.
Preoccupazioni inutili per chi, come lui, ha implicitamente optato per l’abrogazione del servizio sanitario nazionale, intrinseca alla riforma dell’autonomia differenziata che conferirà alle singole realtà territoriali la gestione integrale ed esclusiva del settore.
Discorso analogo vale per i divari e le diseguaglianze censurati perché, secondo quel rapporto, sarebbe stata tradita la riforma del 1978 destinata a superare squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie e a garantire uniformità delle condizioni di salute nell’intero territorio nazionale.
I PRINCIPI DELLA RIFORMA
sanitaria del 1978 sono radicalmente traditi dal provvedimento sull’autonomia differenziata che nega l’unità del servizio e l’eguaglianza del diritto alla salute nell’ambito del territorio nazionale: è giocoforza che il professor Cassese decida se è d’accordo con le opinioni espresse sul Foglio o su quanto ha sostenuto in altri contesti e in audizione parlamentare.
Sfiora poi il grottesco la lamentata disfunzione del political patronage (tradotto: la gestione clientelare) nel settore sanitario, che “va abbandonato in favore del merit system”. È confortante che il professore se ne sia reso conto dopo un trentennio di abusi e di orride clientele che hanno minato alle fondamenta il sistema e determinato l’attuale disastro! Il docente ne sottace la causa: cioè il decreto legislativo 502/1992 che ha consegnato la sanità nelle mani degli apparati regionali esentandoli da ogni forma di controllo e agevolando così gli arbitri a danno dei dipendenti pubblici del settore nonché dell’utenza e favorendo in modo sfacciato la sanità privata: l’equivalente dell’apertura del pollaio alle faine!
Non è un caso che padre di tanta riforma fosse Francesco De Lorenzo, ministro della Sanità condannato a pesante detenzione per delitti contro l’amministrazione pubblica nonché a milionaria pena risarcitoria per danno all’immagine dello Stato.
Pur con tale paternità, nessuna parte politica ha finora proposto di abrogare quella normativa che, evidentemente, fa comodo ai vari regimi ma certo non ai cittadini. Senza una modifica profonda del sistema le disfunzioni rimarranno tali e si aggraveranno. In ogni caso, il riconoscimento della gravità della situazione e delle “disfunzioni” da parte di un intellettuale fautore dell’autonomia differenziata si risolve nella più incisiva censura contro l’iniziativa Calderoli.
Ed è significativo che rappresentanti di aree contrapposte (da ex missini come Landolfi e Laboccetta a ex diessini come Villone) si siano uniti in una battaglia contro il tentativo di secessione morbida la cui pericolosità è chiara a molti ma non all’attuale corrente “von Pufendorf” del diritto pubblico.