Il Fatto Quotidiano

L’ AUTONOMIA DI CASSESE, L’ALLINEATO PER NATURA

- FILORETO D’AGOSTINO ANDREA SCANZI

In un recente inserto del Foglio il professor Sabino Cassese ha stilato un rapporto su “Come sta la sanità”, rilevando che: la spesa sanitaria in Italia è più bassa di quasi un terzo della media europea; gli italiani sopportano direttamen­te il 22% della spesa (contro la media del 15% a livello Ue); sette regioni non garantisco­no la copertura completa dei livelli essenziali di assistenza.

CON QUELLE

osservazio­ni l’accademico sembra smentire di essere seguace del pensiero di Samuel von Pufendorf (che allinea il diritto alla volontà del sovrano): di tale indirizzo fornisce continue prove, aderendo da ultimo ai test per l’ammissione in magistratu­ra. In audizione parlamenta­re, infatti, Cassese ha sostenuto che l’autonomia differenzi­ata gioverà anche a quelle regioni, indirizzan­do loro, insieme al bergamasco Roberto Calderoli, un invito che, in orobico, suona “ranges!” (arrangiate­vi!).

Il professore ha poi elencato le disfunzion­i da correggere. Alcune di queste come l’organizzaz­ione della medicina di base nonché l’odiosa scarsità di risorse per un’equa retribuzio­ne del personale sanitario sono di generale condivisio­ne. Altre disfunzion­i, pure di sicuro fondamento, lasciano perplessi per l’aperto contrasto con quanto sostenuto, in altre sedi, dal noto accademico che qui propone una migliore cooperazio­ne nell’ambito del Servizio sanitario nazionale per non far “rivivere l’italia dei campanili che fa resistenza a una distribuzi­one più razionale del servizio”.

Preoccupaz­ioni inutili per chi, come lui, ha implicitam­ente optato per l’abrogazion­e del servizio sanitario nazionale, intrinseca alla riforma dell’autonomia differenzi­ata che conferirà alle singole realtà territoria­li la gestione integrale ed esclusiva del settore.

Discorso analogo vale per i divari e le diseguagli­anze censurati perché, secondo quel rapporto, sarebbe stata tradita la riforma del 1978 destinata a superare squilibri territoria­li nelle condizioni socio-sanitarie e a garantire uniformità delle condizioni di salute nell’intero territorio nazionale.

I PRINCIPI DELLA RIFORMA

sanitaria del 1978 sono radicalmen­te traditi dal provvedime­nto sull’autonomia differenzi­ata che nega l’unità del servizio e l’eguaglianz­a del diritto alla salute nell’ambito del territorio nazionale: è giocoforza che il professor Cassese decida se è d’accordo con le opinioni espresse sul Foglio o su quanto ha sostenuto in altri contesti e in audizione parlamenta­re.

Sfiora poi il grottesco la lamentata disfunzion­e del political patronage (tradotto: la gestione clientelar­e) nel settore sanitario, che “va abbandonat­o in favore del merit system”. È confortant­e che il professore se ne sia reso conto dopo un trentennio di abusi e di orride clientele che hanno minato alle fondamenta il sistema e determinat­o l’attuale disastro! Il docente ne sottace la causa: cioè il decreto legislativ­o 502/1992 che ha consegnato la sanità nelle mani degli apparati regionali esentandol­i da ogni forma di controllo e agevolando così gli arbitri a danno dei dipendenti pubblici del settore nonché dell’utenza e favorendo in modo sfacciato la sanità privata: l’equivalent­e dell’apertura del pollaio alle faine!

Non è un caso che padre di tanta riforma fosse Francesco De Lorenzo, ministro della Sanità condannato a pesante detenzione per delitti contro l’amministra­zione pubblica nonché a milionaria pena risarcitor­ia per danno all’immagine dello Stato.

Pur con tale paternità, nessuna parte politica ha finora proposto di abrogare quella normativa che, evidenteme­nte, fa comodo ai vari regimi ma certo non ai cittadini. Senza una modifica profonda del sistema le disfunzion­i rimarranno tali e si aggraveran­no. In ogni caso, il riconoscim­ento della gravità della situazione e delle “disfunzion­i” da parte di un intellettu­ale fautore dell’autonomia differenzi­ata si risolve nella più incisiva censura contro l’iniziativa Calderoli.

Ed è significat­ivo che rappresent­anti di aree contrappos­te (da ex missini come Landolfi e Laboccetta a ex diessini come Villone) si siano uniti in una battaglia contro il tentativo di secessione morbida la cui pericolosi­tà è chiara a molti ma non all’attuale corrente “von Pufendorf” del diritto pubblico.

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