Conte strappa ancora: “M5S fuori dalla giunta, ora va fatta tabula rasa”
Dopo i nuovi arresti, l’ex premier: “Rinunciamo a tutti gli incarichi”. E presenta un Piano per la legalità
Lo strappo a cui l’avvocato non voleva arrivare prende forma mercoledì notte. Troppo forte l’impatto degli ennesimi arresti, di nuovo a Bari, di nuovo nel centrosinistra, con dentro un nome pesante come l’ex assessore regionale Alfonso Pisicchio, fedelissimo di Michele Emiliano. “Così non reggiamo” dicono tante, troppe voci a Giuseppe Conte, alla vigilia della sua conferenza stampa dentro il Consiglio regionale pugliese. “Così non si può andare avanti” conferma lo stesso Conte ieri mattina nella riunione ristretta prima della conferenza con i quattro consiglieri regionali, compresa l’assessora Rosa Barone, il coordinatore regionale Leonardo Donno e il vicepresidente Mario Turco. E allora fuori dalla giunta di Emiliano, antico fautore dell’abbraccio tra dem e 5Stelle. “Rinunciamo al nostro ruolo di governo, rimettiamo tutte le deleghe” annuncia Conte poco dopo mezzogiorno ai cronisti. “Vogliamo dare una fortissima scossa, è il momento di fare pulizia e tabula rasa, dobbiamo estirpare la cattiva politica” scandisce. Proprio lui, che non avrebbe voluto rompere.
NEI PIANI, Conte voleva “solo” chiedere al presidente regionale segnali di discontinuità e di sottoscrivere un patto per la legalità. Ma ha cambiato in corsa. Troppo ghiotta l’occasione per il M5S di ostentare la sua prima bandiera, quella della legalità, stendardo che può tornare preziosissimo da qui alle Europee, soprattutto ora, con il Pd che da Torino a Bari si ritrova ferito da scandali, arresti e dimissioni. “Ma noi non siamo più il vecchio Movimento, ora siamo propositivi, vogliamo costruire la buona politica” rivendicano dai piani alti del M5S. Come a dire che non è un ritorno alle origini. Ma la tabula rasa contiana è un altro modo per dirlo, più raffinato. E il punto di caduta che deve fare rumore, è la rinuncia alle poltrone. Non solo all’assessorato al Welfare, ma anche alla delega alla Cultura – per la consigliera Grazia Di Bari, e alla vicepresidenza del Consiglio regionale. “Stiamo leggendo pagine di politica che sono anche di cronaca giudiziaria e che fanno tremare i polsi. Non combattiamo solo Meloni e soci, non facciamo sconti nemmeno a chi è nel nostro campo” assicura Conte. Anche se riconosce: “I dem hanno la consapevolezza di una direzione su questi temi e per il campo largo non cambia nulla, semplicemente noi continueremo a tenere alta l’asticella dei principi sui territori. Invece il centrodestra vuole smontare tutti i controlli”.
Però “questa è una battaglia nazionale” ammette l’ex premier. E parte dalla Puglia, dalla conferenza dove Conte presenta il suo patto per la legalità e la buona amministrazione, che prevede tra l’altro paletti per le nomine (per esempio, veto ai rinviati a giudizio), “trasparenza” sui finanziamenti e un servizio ispettivo sulla legalità, collegato a un apposito assessorato (“ma non lo vogliamo per noi” giurano dal M5S). Di certo il documento è una mano tesa a Emiliano, che subito dopo incontra Conte. Meno di un’ora di colloquio, cordialissimo dicono. “Ho ricevuto buoni suggerimenti” fa sapere Emiliano, che si limita a congelare le deleghe dei grillini. Tradotto: spera di riportarli in maggioranza presto. E dal M5S sussurrano che sì, potrebbe essere solo un arrivederci più che un addio. Mentre l’eurodeputato foggiano Mario Furore dice al Fatto: “Ora sta a Emiliano rispondere alle nostre istanze, noi non potevamo certo fare spallucce, ma non vogliamo certo demolire nulla”.
CONTE E IL VETERANO
dem hanno cercato di non farsi male, è evidente. Però sulle Comunali a Bari c’è ancora distanza. Perché Conte ribadisce l’appoggio a Michele Laforgia: “Noi rimaniamo su di lui, sarebbe una follia oggi abbandonare la sua candidatura, le cui ragioni si rafforzano”. Invece Emiliano resta sul capo di gabinetto di Antonio Decaro, Vito Leccese. Pesano anche i rapporti tra il leader del M5S ed Elly Schlein. “Conte è ancora molto arrabbiato con lei per quella accusa di slealtà, lui l’aveva avvertita che la situazione in Puglia sta degenerando” rilanciano i 5Stelle. In questo scenario,
Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli invocano l’azzeramento della giunta, e continuano a cercare un terzo nome per Bari. “Una soluzione unitaria è l’unico modo per ricomporre il quadro a sinistra” sostiene il segretario di Sinistra Italiana. Ma Laforgia vuole tirare dritto. E ieri ha rimesso il mandato da avvocato difensore di Pisicchio, “per evitare qualsiasi speculazione”.
Tattiche Il presidente regionale congela le deleghe. L’ex premier, “arrabbiato” con la leader dem, conferma il sostegno a Laforgia
civica al centro degli scandali dei voti comprati a Triggiano e a Grumo. Caracciolo è rinviato a giudizio con l’accusa di aver pilotato l’appalto per la costruzione di una nuova scuola a Corato in cambio di favori, Mazzarano è condannato in via definitiva per aver favorito un imprenditore a Taranto. Ma la decisione appare piuttosto debole di fronte a tutto quello che sta succedendo.
È UN POMERIGGIO difficile quello della segretaria, che a un certo punto telefona a Emiliano: non ottiene neanche la garanzia che si vada verso l’azzeramento della giunta, anche se lei gli chiede esplicitamente “un cambio di passo”. Mentre lui le comunica la sua volontà di rimanere su Vito Leccese. Almeno per ora. Che poi è la stessa linea di Boccia, nonostante praticamente tutto il Pd nazionale spinga per arrivare a un terzo uomo. Nichi Vendola e Nicola Fratoianni stanno ancora spingendo per questo. Tra i colpi di scena di questa primavera barese a tinte fosche, c’è pure la possibilità che Sinistra italiana molli l’avvocato. Ma poi la rete di rapporti tra Emiliano, Decaro e Boccia ancora domina la scena e indirizza le scelte.
Intanto, dichiarano in una nota congiunta la presidente del Pd Bari, Titti De Simone, e altri 4 esponenti dem, Gianni Giannini, Antonella Morga, Nicola Biancofiore e Umberto Stravolo: “Il Pd è un partito plurale, che al proprio interno possiede tutte le energie e tutti gli anticorpi, democratici e sani, generosi e nuovi, per essere guida di un percorso di rilancio. Noi crediamo che si possano trovare le condizioni chiare, politiche, programmatiche, per una convergenza unitaria sulla candidatura di Michele Laforgia”. De Simone è vicina a Schlein, sulle sue posizioni ci sarebbe la sinistra del Pd, ma la segretaria adesso non può neanche prendere in considerazione questa ipotesi. Significherebbe perdere la faccia.