Fondi ai partiti: Lega e FI col Pd, Meloni dice no
L’idea Il ripristino dei finanziamenti trova sponde a destra, ma FDI si oppone
Non è solo il Pd a voler ripristinare il finanziamento pubblico ai partiti. La proposta dei dem – esplicitata tra gli altri da Chiara Gribaudo e Andrea Orlando – raccoglie sponde anche in maggioranza, dove gli alleati di centrodestra per il momento sono divisi: da una parte Lega e Forza Italia favorevoli, dall’altra Fratelli d’italia contraria. Segno però che il tema potrebbe presto imporsi in Parlamento, viste le proposte di legge che già aspettano di essere discusse. Magari non a ridosso delle Europee, le cui esigenze da campagna elettorale sconsigliano a chiunque di intestarsi una battaglia così impopolare, ma nelle settimane successive alle urne.
Gli schieramenti sono trasversali. Nel Pd ormai ogni giorno si aggiungono voci al coro dei nostalgici. Ieri è toccato all’ex senatore Luigi Zanda, che invoca una riforma per “entità dei fondi congrua e rigide indicazioni sul loro utilizzo, controlli accurati e sanzioni”. E pure all’onorevole Andrea Giorgis, che all’huffington Post ne fa una questione di moralità dopo i recenti scandali: “La partecipazione è forse il modo migliore per combattere malcostume e degenerazioni come i voti di scambio. Il malaffare attecchisce quando la politica diventa per pochi”. Come a dire che la corruzione dilaga perché i partiti hanno le casse vuote, con tanti saluti alle tantissime inchieste che hanno travolto interi partiti nella Prima e nella Seconda Repubblica proprio per l’uso scriteriato dei fondi pubblici.
MA PAZIENZA. La tesi affascina anche pezzi di destra. Forza Italia non fa mistero del suo sì all’idea dem. Il leader Antonio Tajani ammette che “se ne può parlare” e già prima della scomparsa di Silvio Berlusconi, garante economico del partito, l’ex tesoriere Alfredo Messina aveva chiesto pubblicamente una riforma della legge del 2013 che abolì i rimborsi elettorali, peraltro per mano del Pd e del governo di Enrico Letta. D’altra parte i bilanci horror di FI costringono a cercare soluzioni, meglio ancora se a carico delle casse pubbliche e non dei soliti sponsor privati e della famiglia Berlusconi.
E LA LEGA?
Fonti del Carroccio raccontano che sulla questione non c’è una contrarietà di principio. Si può discutere, insomma, forse non per tornare alla situazione precedente al 2013 ma almeno per mettersi d’accordo su una via intermedia, che poi non è nulla di diverso da quanto auspicano i dem.
Il capogruppo in Senato Massimiliano Romeo ne ha parlato due giorni fa a Sky: “Io sono sempre stato molto trasparente. In passato l’errore è stato dare troppi soldi ai partiti e questo ha portato a varie vicissitudini, ma non si deve sempre passare da un estremo all’altro”. Secondo Romeo, c’è spazio per intervenire: “Visto che parliamo spesso di costi standard, facciamo i costi standard anche per la politica: quanto costa un partito? Di quanto ha bisogno per continuare a esistere senza diventare schiavo delle lobby e salvaguardare la democrazia? Parliamo di un minimo di sostegno”. Un avvicinamento alla linea dem, appunto.
Bisogna però fare i conti con Fratelli d’italia, consapevole dell’orientamento dell’opinione pubblica e dei rischi che si nascondono dietro ogni riforma che parte promettendo interventi chirurgici, mirati, snelli, ben lontani dalle esagerazioni di una volta. Un dirigente meloniano esclude perciò che si possa discutere di un “ritorno all’antico”, ovvero a prima del 2013, ma riferisce pure che “in linea di principio” FDI è “contraria” anche a compromessi che possano mascherare un ritorno dei contributi ai partiti. “No” insomma anche al lodo avanzato dal Pd e accolto con bel altri umori dagli alleati di destra.