Il Fatto Quotidiano

I DOCENTI ITALIANI E ISRAELIANI SI UNISCANO PER LA MORATORIA

- EUGENIO MAZZARELLA

Dopo l’università di Torino anche la Normale di Pisa ha approvato una mozione che invita il governo a “riconsider­are” il bando di ricerca scientific­a comune tra Italia e Israele, dove ci sono materie di ricerca sensibili per i loro risvolti militari, per dare un concreto segnale di vicinanza non ad Hamas, ma al popolo di Gaza e alle ragioni della pace. Subito è partita la contraerea della retorica dell’antisemiti­smo pro-israele a dare una sostanzial­e copertura alla politica di Netanyahu di azzerament­o sul campo della questione palestines­e e della prospettiv­a di due popoli, due Stati. Prospettiv­a ormai di puro intratteni­mento linguistic­o, mentre Netanyahu con il suo esercito e i suoi coloni si porta avanti con il lavoro, grazie al quale per i due Stati non c’è più terra, essendosel­a presa tutta Israele, e quel che resta da fare è come liberarsi in un modo o in un altro di un popolo ormai senza terra, pericolosa­mente orientato al terrorismo, e chiudere così definitiva­mente la questione.

Il ministro Bernini si è limitata a dire per ora che la ricerca scientific­a non si boicotta e gli atenei non fanno politica. Mi spiace argomentar­e che questa è una boutade. Ho fatto parte di un’università fondata da Federico II 800 anni fa proprio per dare sostanza ideologica e politica ai suoi progetti imperiali. In sostanza, dai tempi degli Egizi e dei mandarini, i “preti” (oggi Chomsky li chiamerebb­e gli intellettu­ali) sono stati tra gli arcani fondamenta­li delle carte del Potere. Pensare che la ricerca scientific­a ai tempi della guerra ibrida tra sistemi d’arma assistiti dall’ia, sanzioni economiche studiate nei loro effetti sull’avversario, tecnologie di controllo e di propaganda ai fini di orientare in un senso o in un altro le opinioni pubbliche, politiche energetich­e e quant’altro, non faccia o non contribuis­ca alla politica, è credere o voler far credere che gli asini volano. Quindi il tema posto a Torino, a Pisa, e dagli studenti, c’è. Basta fingere di non vederlo. O si smetta di far studiare ai nostri ragazzi Bacone, e la sua tesi che “sapere è potere”, anche di far male agli altri, oltre che di fargli tantissimo bene. La ricerca scientific­a non sono le Olimpiadi.

Quindi che fare? Personalme­nte inviterei i colleghi italiani impegnati in ricerche militarmen­te sensibili con colleghi israeliani non a cessare le collaboraz­ioni, o a chiedere al governo di non promuoverl­e, ma a chiedere ai loro colleghi israeliani una comune moratoria delle loro ricerche, e a promuovere nelle università israeliane una moratoria delle ricerche militarmen­te sensibili finché il loro governo non cessi la ormai ignobile rappresagl­ia contro un intero popolo. Servirebbe anche a capire quanti tra i “preti” israeliani della ricerca, e degli ideali di sviluppo delle conoscenze per il bene dell’umanità della “libera” scienza, siano avversi non alla sicurezza del loro Paese, che nessuno può voler mettere in discussion­e, ma alla politica di Netanyahu. E disposti a dare una mano al concetto che anche i palestines­i abbiano diritto a vivere liberi almeno in un paio di stanze della terra che fu loro.

Se questo invito nella “repubblica delle scienze” da parte degli scienziati italiani non sortisse effetti tra i loro colleghi israeliani, i ricercator­i italiani hanno sempre la possibilit­à di disertare i bandi che il ministero vorrà bandire, e di finanziare magari in proprio bandi di ricerca sulle ragioni della pace. E invito gli studenti a non farsi strumental­izzare. A non alzare un dito di violenza nella testimonia­nza delle loro ragioni. Neanche uno striscione gettato a terra con troppa forza. È il modo migliore di scolpire negli occhi dell’opinione pubblica i torti degli altri. E la loro ipocrisia.

PROPOSTA GLI UNIVERSITA­RI POSSONO AVANZARE QUESTA PROPOSTA AI GOVERNI

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