Il Fatto Quotidiano

Israele: terrore per ostaggi e Iran

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Più passano le ore e più si fa concreto un attacco dell’iran a Israele. Uno scenario da incubo che avrebbe effetti imprevedib­ili sulla regione e oltre. Il tutto mentre crescono i timori che gran parte degli ostaggi israeliani trattenuti a Gaza da Hamas sia morta e che la fazione islamista, secondo alcuni fonti interne, non sia per questo in grado di scambiare i 40 rapiti previsti dalla prima fase di un possibile accordo che si fa sempre più difficile al Cairo, con Hamas che continua a chiedere un cessate il fuoco permanente, il ritiro totale dell’esercito e il ritorno degli sfollati al nord della Striscia.

A far temere che le cose con l’iran possano precipitar­e da un momento all’altro, dopo gli allarmi lanciati anche dagli americani nei giorni scorsi, c’è da una parte la decisione di una delle maggiori compagnie europee, la Lufthansa, di prorogare fino a domenica prossima lo stop dei voli da e per Teheran, un’indicazion­e temporale che la dice lunga sulle previsioni; dall’altra l’arrivo in Israele del capo del Comando Centrale (Centcom) Usa Michael Kurilla, segno tangibile dell’impegno di Washington a fianco dello Stato ebraico confermato a spada tratta in queste ore dal presidente Joe Biden. Entrambe le mosse prendono in grande consideraz­ione la minaccia di Teheran di una ritorsione per l’uccisione la settimana scorsa di un generale dei pasdaran a Damasco, in un raid attribuito a Israele.

L’inviato americano per il Medio Oriente Brett Mcgurk avrebbe chiamato i ministri degli Esteri di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Iraq, chiedendo loro di consegnare un messaggio a Teheran per allentare le tensioni. Anche Mosca – che ha sconsiglia­to i propri cittadini dal viaggiare in Medio Oriente – ha esortato i Paesi della regione alla prudenza. “Ora – ha dichiarato il portavoce di Putin, Dmitri Peskov – è molto importante che tutti mantengano la moderazion­e per non portare alla completa destabiliz­zazione della regione”. Lo stesso ha fatto Berlino con il ministro degli Esteri, secondo cui nessuno “può avere interesse in un’escalation più ampia”.

Israele – visto l’arrivo di Kurilla, che ha incontrato il ministro della Difesa Gallant – ha intanto convocato il suo gabinetto di sicurezza per affrontare il dossier Iran e la guerra a Gaza. Il premier Benjamin Netanyahu, alludendo alla minaccia iraniana, ha ribadito che Israele si sta preparando “per scenari di sfide che provengono da altri luoghi”.

A riferire invece al Wall Street Journal i timori per la possibile morte di gran parte degli ostaggi israeliani ancora a Gaza sono stati funzionari Usa al corrente del dossier. Si ritiene che nella Striscia siano rimasti 129 rapiti da Hamas il 7 ottobre. L’idf ha confermato la morte di 34 di questi ma, scrive il Wsj, “funzionari israeliani e americani stimano in privato che il numero di morti potrebbe essere più alto”.

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FOTO ANSA Ayatollah Ali Khamenei

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