Il Fatto Quotidiano

Credo nessuno possa dimenticar­e Il Gattopardo di Lucchini

- Daniela Santanché

nica. Persona affabile, che spesso si impantana in discorsi interminab­ili, tremendame­nte macchinosi, quasi incomprens­ibili. Un esempio insigne della retorica lollobrigi­diana è nella trascrizio­ne letterale di questo discorso, che pare cucito come un abito sartoriale sulla vecchia rubrica della Gialappa’s, Le interviste impossibil­i: “Esiste un’etnia italiana – dice Lollobrigi­da –, un raggruppam­ento linguistic­o culturale che oggi, immagino, in questo convegno si tenda a tutelare. Perché preoccupar­si delle nascite in Italia? Se la risposta è, come tutte le forze politiche presenti, quella di incrementa­re la natalità, è probabilme­nte per ragioni legate alla difesa di quella appartenen­za a cui molti di noi sono legati, io in particolar­e, con orgoglio, è quella alla cultura italiana, al nostro ceppo linguistic­o, il nostro modo di vivere”. Chiaro.

E chi può tutelare il nostro “ceppo linguistic­o” meglio di un ministro dell’istruzione (e del merito) come Giuseppe Valditara? Tra le sue uscite più celebri c’è l’intervento su X a favore del tetto agli stranieri nelle classi, che raggiunge il suo apice nell’obbrobrios­o congiuntiv­o “se nelle scuole si insegni”. A chi lo sbertuccia­va, ha spiegato di aver dettato il tweet al telefono e di aver badato più “ai contenuti”. È lo stesso Valditara che ha sostenuto l’importanza della “umiliazion­e”, come “fattore fondamenta­le nella crescita e nella costruzion­e della personalit­à”. Niente dettatura al telefono, ma si era sbagliato lo stesso: “Volevo dire umiltà, non umiliazion­e”.

E ancora, abbiamo un ministro dell’ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, che alla prima missione a Bruxelles ha confuso il Consiglio europeo con il Consiglio d’europa (un’organizzaz­ione in difesa dei diritti umani, con l’ue non c’entra nulla). Mentre in una delle ultime prodezze continenta­li ha frainteso la parola “compromise”, compromess­o, con “compliment­i” (e poi ha risposto alla domanda di un giornalist­a senza capire un tubo). Possiamo ignorare Matteo Salvini? Un uomo che gira con le tasche gonfie di perle di cultura, può disseminar­le in ogni momento: tre giorni fa ha attribuito a Michelange­lo la cupola del Brunellesc­hi di Firenze.

Fuori dal luminoso perimetro dei ministri non va meglio. L’anno scorso, nell’imminenza del 25 aprile, il presidente del Senato della Repubblica ha detto che in Via Rasella i partigiani uccisero “una banda musicale di semi-pensionati tedeschi e non nazisti delle Ss”. Ma questo di Ignazio La Russa non è un lapsus, non è (solo) ignoranza: è revisionis­mo ignobile.

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