Credo nessuno possa dimenticare Il Gattopardo di Lucchini
nica. Persona affabile, che spesso si impantana in discorsi interminabili, tremendamente macchinosi, quasi incomprensibili. Un esempio insigne della retorica lollobrigidiana è nella trascrizione letterale di questo discorso, che pare cucito come un abito sartoriale sulla vecchia rubrica della Gialappa’s, Le interviste impossibili: “Esiste un’etnia italiana – dice Lollobrigida –, un raggruppamento linguistico culturale che oggi, immagino, in questo convegno si tenda a tutelare. Perché preoccuparsi delle nascite in Italia? Se la risposta è, come tutte le forze politiche presenti, quella di incrementare la natalità, è probabilmente per ragioni legate alla difesa di quella appartenenza a cui molti di noi sono legati, io in particolare, con orgoglio, è quella alla cultura italiana, al nostro ceppo linguistico, il nostro modo di vivere”. Chiaro.
E chi può tutelare il nostro “ceppo linguistico” meglio di un ministro dell’istruzione (e del merito) come Giuseppe Valditara? Tra le sue uscite più celebri c’è l’intervento su X a favore del tetto agli stranieri nelle classi, che raggiunge il suo apice nell’obbrobrioso congiuntivo “se nelle scuole si insegni”. A chi lo sbertucciava, ha spiegato di aver dettato il tweet al telefono e di aver badato più “ai contenuti”. È lo stesso Valditara che ha sostenuto l’importanza della “umiliazione”, come “fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità”. Niente dettatura al telefono, ma si era sbagliato lo stesso: “Volevo dire umiltà, non umiliazione”.
E ancora, abbiamo un ministro dell’ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, che alla prima missione a Bruxelles ha confuso il Consiglio europeo con il Consiglio d’europa (un’organizzazione in difesa dei diritti umani, con l’ue non c’entra nulla). Mentre in una delle ultime prodezze continentali ha frainteso la parola “compromise”, compromesso, con “complimenti” (e poi ha risposto alla domanda di un giornalista senza capire un tubo). Possiamo ignorare Matteo Salvini? Un uomo che gira con le tasche gonfie di perle di cultura, può disseminarle in ogni momento: tre giorni fa ha attribuito a Michelangelo la cupola del Brunelleschi di Firenze.
Fuori dal luminoso perimetro dei ministri non va meglio. L’anno scorso, nell’imminenza del 25 aprile, il presidente del Senato della Repubblica ha detto che in Via Rasella i partigiani uccisero “una banda musicale di semi-pensionati tedeschi e non nazisti delle Ss”. Ma questo di Ignazio La Russa non è un lapsus, non è (solo) ignoranza: è revisionismo ignobile.