Matteotti sfida la sinistra “zuccherata”
“È MATTEOTTI
a sopravvalutare il pericolo e la tragedia in corso o sono gli altri che, concentrati sul loro ombelico, la sottovalutano?”.
VITTORIO ZINCONE, “MATTEOTTI – DIECI VITE”, NERI POZZA
è vero che gli uomini del nostro partito non rispondono affatto all’appello, non vogliono fare. Erano tutti leoni nel buon tempo antico; ora sono tutti presi dalla gotta. Quando si occupano di qualche cosa, si occupano delle loro preferenze, e nulla più... In tali condizioni, io non posso continuare a fare il segretario del partito. Dirigere un esercito che continua a scappare, è ridicolo. D’altra parte ogni volta che si tratta di usare forti reagenti, applicare sanzioni ecc., voi siete tutti contrari. Codesta è anarchia nell’acqua zuccherata. Ognuno fa quello che vuole, cioè non fa nulla”. D’accordo, certi paragoni con la storia di ieri non si addicono, troppo anacronistici, alla storia di oggi, eppure nella delusione e nel disincanto della amarissima lettera di Giacomo Matteotti al compagno e socialista unitario Filippo Turati (siamo alla vigilia delle elezioni del 1924, che scaveranno la fossa alla vecchia democrazia liberale spianando la strada alla dittatura fascista) come non riflettere sull’autolesionismo insito nel dna della sinistra? Mentre, sul versante opposto, trionfa la capacità attrattiva del nascente regime che arruola, insieme a molti cani sciolti, il blocco liberale e un pezzo dei popolari. Niente di nuovo sotto il sole purtroppo, verrebbe da dire. Nel libro di Zincone – che unisce il rigore della ricostruzione documentale alla chiarezza espositiva – il martirio di Matteotti, massacrato dai sicari mussoliniani cento anni fa, il 10 giugno 1924, è il capitolo conclusivo di un dramma politico. Che l’esponente socialista soffrirà in quelle “dieci vite” trascorse soprattutto a lanciare, inascoltato, l’allarme sull’incubo fascista di cui egli ha subìto sulla pelle la violenza. Non può più mettere piede nella provincia di Rovigo, senza contare le sevizie, le minacce di morte e la devastazione morale e materiale che si è accanita sul suo lavoro politico e sindacale. A Roma, però, vogliono illudersi che il fascismo sia un fenomeno transitorio e c’è perfino chi, nel sindacato, pensa di potere dare retta a Mussolini nella convinzione che il fascismo sarà, in un modo o nell’altro, normalizzato. La divisione verticale della classe lavoratrice e l’impossibilità di fare fronte comune contro le forze oscure del manganello e dell’olio di ricino la ritroviamo in queste parole: “Il nemico è attualmente uno solo: il fascismo. Complice involontario del fascismo è il comunismo. La violenza e la dittatura predicata dall’uno diviene il pretesto della giustificazione della violenza e della dittatura in atto nell’altro”. Quanto a coloro “che si occupano delle loro preferenze e nulla più”, e a quelli che fanno ciò che vogliono, “cioè nulla”, chi ci viene in mente? E l’“anarchia nell’acqua zuccherata” dell’opposizione non è, ancora, sotto i nostri occhi?
00184 Roma, via di Sant’erasmo n°2