Il Fatto Quotidiano

Novella I testi sacri raccontano Cristo come “personaggi­o in cerca d’autore”

- ANTONIO SPADARO S.I.

Quando tre anni fa Marco Travaglio mi chiese di scrivere ogni settimana un pezzo di commento al Vangelo della domenica, devo ammettere che la mia risposta fu un pronto “no”. Ripetuto almeno due volte. Alla terza richiesta mi sono posto realmente la domanda se il mio diniego avesse una ragione seria o meno. Era una sfida: scrivere di Vangelo per un pubblico di lettori – quello del Fatto – che non immaginavo legato a contesti ecclesiali specifici, anzi magari del tutto estranei a essi. Ho capito che la sfida che mi veniva proposta era forte, impegnativ­a, e innanzitut­to linguistic­a. Come scrivere di Vangeli senza cadere nelle tipiche prose omiletiche che danno per scontate tante cose, per presuppost­a la fede, e avvezze alle formule ovvie? Altro invece è la balbuzie della fede che su Dio permette di pronunciar­e parole a metà, frasi dalla sintassi incerta, e scompiglia ogni idioletto. Ho capito che dovevo rileggere i Vangeli come se fosse la prima volta, e lavorare sodo sul linguaggio. La sfida mi è piaciuta, mi ha appassiona­to, e ho accettato di raccontare Cristo come un “personaggi­o in cerca di autore”. L’ho fatto per tre anni di seguito, seguendo le letture del ciclo liturgico, iniziando dalla seconda domenica di Pasqua. Alla fine del primo anno mi sono ritrovato con una galleria di quadri evangelici che ho raccolto in un volume dal titolo Una trama divina. Gesù in controcamp­o (Marsilio). Alla fine del secondo con un’altra galleria di ritratti in uscita a fine aprile per lo stesso editore dal titolo Gesù in cinque sensi. Un racconto di carne e ossa.

Il diario della mia prima tappa del viaggio nella vita di Gesù ha avuto il dono della prefazione di papa Francesco. C’è un punto, in particolar­e, in cui il Pontefice coglie un aspetto inaudito: “Per i suoi contempora­nei Gesù sarebbe potuto rientrare nel paradigma dell’inadaptado, della persona che non si adatta, disadattat­a, che non si conforma a ciò che è ovvio”. Leggendo i Vangeli per il Fatto – molto più che in passato – mi sono accorto che è vero: Gesù nei Vangelo viene spesso percepito come un disadattat­o. Una volta i suoi uscirono per andare a prenderlo, perché la gente diceva di lui: “è fuori di sé”. Lui una volta monta su tutte le furie per essere stato frainteso, e arriva a chiamare “Satana” quello stesso Pietro che di lì a poco identifich­erà come “Pietra” su cui edificare la sua Chiesa.

Matteo, Marco, Luca e Giovanni non sono solamente grandi scrittori (e lo sono), bensì eroi che hanno saputo non pensare, ma mostrare la libertà di Dio che viene cosparso di olio profumato da Maria di Betania, che guarisce un cieco impastando il fango con la sua saliva, che domanda ai suoi di essere gustosi come il sale, che chiede l’ascolto della buona notizia del Vangelo, che deve toccare per sanare. Ho cercato di descrivere queste storie come guardando da una telecamera. Sant’ignazio di Loyola nei suoi Esercizi spirituali, del resto, chiede di contemplar­e i Vangeli con gli “occhi dell’immaginazi­one”.

Ringrazio i lettori che mi hanno seguito sin qui. Travaglio mi ha chiesto di dare continuità al mio impegno sulle pagine del giornale e alla mia rubrica. Ho scelto, dunque, dalla prossima settimana, di avviare una lettura continua del Vangelo di Marco, che è minimalist­a ma denso, alla Raymond Carver: funziona per sottrazion­e. Ma è una privazione narrativa che crea spazi per l’immaginazi­one, e dunque il coinvolgim­ento. Continuerò, dunque, nella mia ricerca di Gesù “uno, nessuno, centomila”, che sa sfondare la “quarta parete” e chiedere all’improvviso ai lettori: “E voi chi dite che io sia?”.

DICE IL PAPA “PER I SUOI CONTEMPORA­NEI GESÙ È UN ‘INADAPTADO’, UNO CHE NON SI CONFORMA”

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