“Come siamo arrivati qui? Ora risponderemo al loro attacco?”
Sabato è stata una giornata difficile e la notte ancora di più. Sopra la nostra testa si è svolta una battaglia di cui all’inizio non capivo niente, ma che verso la fine della sera mi è diventata chiarissima. Gli iraniani ce lo avevano promesso e lo hanno realizzato: un attacco di tutto rispetto di droni (in ebraico Katbamim) di missili balistici e da crociera. Tutto inizia alle 23 quando i droni sono partiti, sappiamo che ci avrebbero messo tra le sei e le nove ore per arrivare in Israele, i missili balistici invece ci mettono molto meno e quindi sono stati spediti più tardi per arrivare tutti insieme. È stata la notte che ha cambiato la nostra vita. Siamo passati a un altro livello di guerra, ma questa volta, mi dico, abbiamo accanto una coalizione di americani, inglesi, giordani, francesi i cui aerei aiutano i nostri. Tutte le paure con cui abbiamo vissuto per anni si sono avverate ma anche alcune speranze, perché per la prima volta non ci sentiamo, anzi non siamo, soli. L’attacco è iniziato e che per 48 ore le scuole saranno chiuse, proibiti assembramenti di più di mille persone, si consiglia di avere in casa riserve di acqua, cibo, carica batterie per il telefono. Pile. Un transistor. A me sembra in quel momento di non avere assolutamente nulla. Farò in tempo a fare un po’ di spesa? Intanto tutte le tv si riempiono di ex generali, ex piloti a spiegare ciò che sta succedendo. Ascoltiamo i notiziari per un bel po’, Abraham e io, insieme vediamo quella sorta di fuochi artificiali che esplodono nel cielo di Gerusalemme, del sud e del nord, mentre ricevo messaggi da amici e amiche preoccupati, e alla fine vado a dormire verso le quattro della mattina, ma non riesco a addormentarmi chiedendomi come sarebbe andata a finire. Era finita, e praticamente senza danni, tranne per una bimba beduina ferita, insomma, avevamo vinto questo round. Ma mai fidarsi delle nostre vittorie. La mattina Israele da 100 km all’ora sembrava passata a zero. Alla sua vita normale. Ma non è che adesso a qualcuno verrà l’idea di rispondere all’attacco che era la risposta a un altro attacco?