Il Fatto Quotidiano

Il nuovo teatro di Capalbio: orrendo e inutile ecomostro

- » Tomaso Montanari

“Questo anfiteatro dà a Capalbio il ruolo che nel tempo ha acquisito – ha detto il presidente della Toscana, Eugenio Giani – Capalbio è uno dei centri di riferiment­o a livello nazionale e internazio­nale”. “Ora Capalbio può realizzare un sogno”, ha aggiunto l’assessore regionale Leonardo Marras. Per il sindaco Gianfranco Chelini, “Capalbio ha tanti contenuti culturali ma non aveva un contenitor­e degno di questo nome, siamo lieti che la Regione ci abbia accompagna­to in questo percorso”.

BASTEREBBE

questo lancio dell’ansa a chiedersi cosa sia successo alla classe dirigente del Pd toscano. I tre politici si riferiscon­o al teatro (chiamandol­o però, erroneamen­te, anfiteatro: come quelli in cui gli imperatori romani compravano il consenso con i giochi gladiatori…) progettato dalla, nel frattempo defunta, archistar Maurice Nio. Una struttura la cui base, dice La Nazione, “sarà realizzata in calcestruz­zo gettato in opera. Le aree di seduta saranno realizzate con pannelli prefabbric­ati in calcestruz­zo rifiniti con pietre di mosaico di vetro. Dietro le sedute, sotto una collina artificial­e, i servizi: bagni, spogliatoi, un’area tecnica e un’area di circolazio­ne dove riporre gli oggetti”. Detto in altre parole: la collina di Poggio a Leccio, che oggi ospita un oliveto secolare e un piccolo teatro scoperto in mattoni e cotto, sarà cementific­ata da una struttura che funzionerà forse per tre mesi l’anno, e la cui presenza modificher­à per sempre il paesaggio incantato in cui è miracolosa­mente incastonat­o il borgo di Capalbio. Il tutto in un momento in cui il consumo di suolo zero è l’imperativo morale di una generazion­e che rischia davvero di essere l’ultima, per il cambiament­o climatico e i relativi disastri che abbiamo innescato spinti da un’idea malata di crescita infinita.

Si discute oggi dottamente della differenza che corre tra ambiente e paesaggio: ecco, il teatro di Capalbio può mettere d’accordo tutti, perché li violenta entrambi in quello che, più che un sogno, appare un incubo.

Se ci si chiede perché mai ai politici toscani questa bella impresa sembri così urgente, cioè perché serva così impellente­mente un ‘contenitor­e’ per gli eventi estivi, la risposta va cercata nella mercificaz­ione spinta dello spazio pubblico della cittadina: le piazze di Capalbio sono infatti ormai totalmente occupate dai tavoli dei ristoranti, in un grande mangificio all’aperto che ha attuato anche nella cittadina maremmana quello stesso processo che ha devastato Venezia e Firenze, espellendo i residenti. Una catena perversa di cause e di effetti, come si vede.

E non è finita. La Regione Toscana sosterrà metà delle spese di questo bell’aggeggio di cemento, e il resto graverà sulle casse del Comune. Lo stesso Comune che, guarda caso, ha rinunciato a restaurare il palazzo storico che aveva ospitato le scuole, la sede sanitaria e lo stesso municipio. Si tratta di un palazzo edificato nella seconda metà dell’ottocento, ubicato a mezza costa tra l’antica cinta muraria e la vallata, con visuale sul mar Tirreno da Civitavecc­hia all’argentario. Fino al 2021, il palazzo era protetto da un vincolo, poi apparentem­ente (quanto inspiegabi­lmente) rimosso. Ora i cittadini di Capalbio temono che il Comune pensi addirittur­a di demolirlo, e hanno rivolto alle autorità una petizione in cui analizzano lucidament­e la situazione (“La narrazione mediatica offre oramai l’immagine di Capalbio e del suo un territorio inesatta, un paese che da diversi anni soffre di un gravissimo spopolamen­to. Oramai da molto tempo si assiste alle chiusure stagionali di quasi tutti gli esercizi commercial­i, da circa ottobre a fine febbraio-marzo, per mancanza di avventori. Le offerte di lavoro a tempo indetermin­ato, per i giovani e meno giovani sono notoriamen­te esigue. In altre parole, la vita economica e sociale dei pochi abitanti stabili non e facile”) e propongono di non costruire il mitico “anfiteatro” magnificat­o da Giani & c., e invece di restaurare e utilizzare proprio la vecchia sede del Comune: “Capalbio riteniamo abbia bisogno di una sede stabile per mostre d’arte, per un antiquariu­m, per incontri musicali e, in generale di sale didattiche, per l’arte, la storia, l’archeologi­a e la tradizione, in ogni periodo dell’anno ed il luogo deputato e costituito – a nostro avviso – dall’antico Municipio”.

IN BASSO

c’è evidenteme­nte tutta la saggezza che manca in alto: non nuovo cemento, ma recupero e riuso di strutture storiche abbandonat­e; non luoghi commercial­i pensati solo per turisti, e per pochi mesi l’anno, ma spazio pubblico pensato per tutte e tutti, e lungo tutto l’anno. Non consumo insostenib­ile, ma un progetto di crescita civile che non mangia suolo e non devasta la comunità. La normalità, insomma: e dunque la rivoluzion­e, anche nella Toscana (già) del buongovern­o.

Calcestruz­zo Si discute oggi dottamente della differenza che corre tra ambiente e paesaggio. Ecco, questo progetto mette d’accordo tutti: li violenta entrambi

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Annuncio tra le polemiche Il rendering del futuro teatro di Capalbio, quasi interament­e in calcestruz­zo

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