AMA, FIORE E LA RAI CHE FA HARAKIRI
ERAVAMO un popolo di santi, poeti e navigatori; adesso siamo un popolo di agenti, conduttori e opinionisti. Non si vede cos’altro pensare di un Paese che vive la partenza di Amadeus dalla Rai come un affare di Stato, con tanto di videomessaggio alla nazione; un addio pieno di ombre (la Rai gli ha fatto pressioni, no è stato lui a montarsi la testa), una trama dove non mancano gli indiziati, gli ispettori, i caratteristi che un tempo sarebbe stata perfetta per una commedia all’italiana, oggi è solo la parodia del solito giallo italiano senza soluzione. Pare strano che il conduttore più democristiano dell’universo, che ha concepito i cinque festival più volemosebene del millennio, sia stato considerato poco allineato da una Rai che se andiamo avanti di questo passo dovrà affidare Sanremo a Pino Insegno. Più probabile il movente esterno. Forse Amadeus non sarebbe passato alla Nove, ovvero al gigante statunitense nato dalla fusione di Warner Media e Discovery, se l’anno prima non ci fosse passato Fabio Fazio, e il passaggio non si fosse rivelato trionfale. La misera fotocopia di questa stagione televisiva contiene una sola novità, che però è un paradosso; Nove sta diventando una rete generalista di prima grandezza senza inventare niente. Mentre in Rai ci si spreme le meningi per partorire un flop via l’altro, Nove si è limitata al trasloco di programmi di successo. Ha creduto nel giudizio del pubblico, non nell’appartenenza alle parrocchie. Con Amadeus rischia di più; Crozza e Fazio sono due impresari che si muovono con il loro gruppo di lavoro e il loro marchio di fabbrica (impressionante come Che tempo che fa abbia conservato i suoi numeri ma anche la sua attrattiva di status symbol, mostrandosi più forte della rete che lo ospitava). Per fare altrettanto, Amadeus dovrebbe spostarsi con il Festival di Sanremo, trasloco poco realistico tutto in una volta. Ma ammettiamo che il fantomatico programma con Fiorello che si doveva fare in Rai si faccia alla Nove. Per la Rai sarebbe la fine della fine; l’inizio è già in corso.