Il Fatto Quotidiano

Bergovich, la poetessa dissidente che in tribunale risponde in versi

L’artista rischia 7 anni di carcere per una sua opera

- Michela AG Iaccarino

Dietro il vetro della gabbia del tribunale non si vedono più i suoi riccioli biondi, quelli che scintillav­ano sui palchi dove ritirava i premi più prestigios­i della Federazion­e. La testa è rasata, ma il sorriso di Evgenya Berkovich rimane. La registra teatrale 38enne è in galera insieme all’autrice Svetlana Petriychuk ormai quasi da un anno. Ora sono anche finite nella black list del Cremlino: il Rosfinmoni­toring (servizio federale creato da Putin nel 2011) le ha inscritte nel registro dei terroristi.

La poesia in Russia è finita di nuovo in tribunale, proprio come ai tempi di Iosif Brodsky, il poeta premio Nobel condannato per “parassitis­mo” e spedito ai lavori forzati nel 1964. Evgenya, nel 2024 e nella Russia di Putin, rischia di rimanere in carcere per i prossimi 7 anni per aver messo in scena Finist, falco coraggioso. Questa la trama dell’opera: una donna comincia a scrivere a dei miliziani jihadisti, si innamora di uno di loro, finisce in Siria. Ovvio è il richiamo al destino di molte ragazze russe che hanno lasciato la Federazion­e per unirsi all’isis: “Decine di donne sono diventate, nella nostra epoca, vittime del male” ha scritto la regista. Per i togati invece “romanticiz­za, giustifica e glorifica i terroristi”, “promuove l’ideologia del femminismo radicale”

A differenza di tutti i suoi colleghi, Evgenya non è scappata dalla Russia. “Perseguita­te assassini invece che poeti” è stato l’appello inascoltat­o della storica Novaya Gazeta, che, insieme ad Amnesty e i maggiori artisti russi in esilio, ha chiesto la liberazion­e di quella che tutti ormai consideran­o un’eroina dell’arte e della libertà. Le autorità sono rimaste sorde e a Berkovich sono stati perfino negati i domiciliar­i, nonostante abbia due figli disabili e continui a dichiarars­i innocente. Ogni volta che le viene concessa la parola dalla Corte, la regista risponde in rima, declama versi pacifisti diventati virali, che forse sono il vero motivo dell’accaniment­o legale contro di lei. Il documentar­ista Roma Liberov, con le sue poesie in tribunale, ha girato un musical che hanno visto già centinaia di migliaia di persone. Quasi niente, nella storia russa, si verifica senza paradossi. L’opera Finist aveva ricevuto, oltre che numerosi premi, perfino dei fondi dal ministero della Cultura russo. Ma non è tutto qui. Alla fine dei suoi studi in Drammaturg­ia, al Cherkhov di Mosca, la Berkovich ha diretto un’opera sul processo a Giovanna d’arco, riflettend­o nelle ingiustizi­e del tempo della vergine d’orleans quelle delle Corti di Putin. Qualche mese dopo, con l’opera L’uomo che non lavorava, fece arrivare sul palco il processo a Brodsky. Era il 2012 e Evgenya non poteva sapere di star prevedendo il futuro: il suo.

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