“Anche i razzi Atacms non risolveranno nulla dei guai in prima linea”
“In questo momento, della guerra sul campo tutto ciò che spara – blindati, artiglieria, cannoni – è vitale”, dice Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. “Il ritiro dei carri Abrams indebolisce ancora di più le truppe di Kiev in prima linea, che già subiscono devastazioni nelle retrovie”. Perché allora ritirarli in questa fase del conflitto?
Non dimentichiamo che gli Usa sono non solo il più grande produttore, ma anche il maggior esportatore di armi. Se un’arma si dimostra dominante durante un conflitto, ciò porta a contratti e vendite e prestigio all’industria bellica americana. C’è un danno, invece, se carri armati, la cui produzione è costata 10 milioni di dollari, vengono distrutti da un drone da poche migliaia di dollari. In tutte le guerre la forniture e l’impiego di armi è anche una questione di marketing. Gli americani stanno vendendo e proponendo i loro Abrams (sia quelli nuovi che quelli usati) a diversi Paesi europei, tra cui Romania e Polonia. Ma sul piano militare, oggi, questi carri armati così moderni servirebbero a Kiev per resistere contro l’esercito di Mosca o contrattaccare. Ritirarli è un paradosso che mi spiego solo con un’esigenza commerciale statunitense. Sì, gli Abrams come gli altri mezzi corazzati possono essere decimati dai droni mentre i russi, grazie a un’ampia capacità di disturbo elettronico, possono abbattere molti droni nemici. La distruzione degli Abrams ha avuto ampia pubblicità nei media russi, ma anche Mosca ha perso molti mezzi corazzati: così è la guerra.
Un lungo dibattito ha preceduto l’invio dei Leopard, anche quelli presentati come l’arma “risolutiva” della guerra.
I Leopard sono i diretti rivali degli Abrams sul mercato. Un buon numero di carri tedeschi, che Berlino ha inviato solo a patto che lo facessero anche gli americani l’anno scorso, sono andati distrutti durante la controffensiva ucraina. Ciò che avviene oggi con gli Abrams è già accaduto con i 14 Challenger che avevano spedito i britannici, ma ora sono spariti dal campo di battaglia dopo la distruzione di due esemplari. Adesso l’arma che viene presentata come “risolutiva” sono i missili balistici Atacms, che gli americani hanno fornito agli ucraini con l’impegno di non usarli sul territorio della Federazione russa, ma solo nei territori ucraini occupati e Crimea. Hanno 300 chilometri di raggio d’azione, come i missili da crociera Storm Shadows e Scalp forniti da britannici e francesi: sono armamenti che consentono di colpire le retrovie, navi e basi militari russe, ma non apportano cambiamenti in prima linea, dove i russi avanzano e gli ucraini soffrono per inferiorità di uomini, armi e munizionamento.
Kiev ha più volte richiesto agli alleati, e all’italia, i Samp-t.
Hanno bisogno di sistemi anti-aerei a medio-lungo raggio, come i Patriot americani e il sistema italo-francese Samp-t. Ma il problema è molto semplice: se li diamo a loro, noi, per la nostra difesa nazionale non ne abbiamo più.
Parigi e Berlino hanno firmato un memorandum d’intesa per il Mgcs, quello che chiamano “il carro del futuro”. Forse parteciperà al progetto anche Leonardo.
Tedeschi e francesi da anni ci lavorano con difficoltà. Non so se vedranno negli altri Stati europei soggetti produttivi e progettuali o solo potenziali clienti. Ma in ogni caso ci vorranno diversi anni per svilupparli e vederli in servizio.
Un’altra problematica va risolta: Mosca produce più armamenti di quanto Nato e Ue possano spedire a Kiev.
Per potenziare così tanto la nostra produzione ci vogliono anni e miliardi, è impossibile farlo in questo momento di recessione economica. Produrre armi vuol dire produrre acciaio: il mese scorso la Turchia, in questo, ha superato la Germania perché a differenza dell’europa continua a disporre di gas russo a bassissimo prezzo. Ciò che l’europa produce costa troppo in termini energetici. È una problematica che non si supera, almeno non con una guerra a oltranza fino all’ultimo ucraino. Un negoziato è nell’interesse ucraino, russo, ma anche europeo.
‘‘ Drone da poche migliaia di dollari distrugge un tank da 10 milioni: è una vergogna per l’industria bellica