Il Fatto Quotidiano

“Ho contestato un atto dei pm e adesso sono sotto inchiesta”

- » Giuseppe Pipitone Che intende?

Ha contestato un atto della Procura di Caltanisse­tta, accusandol­a di sabotare il processo per l’omicidio di Nino Agostino, che peraltro si svolge a Palermo. Non una novità per Fabio Repici, legale dei familiari del poliziotto, che in passato ha spesso avuto visioni contrappos­te rispetto a quelle dei pm nisseni. Questa volta, però, lo storico avvocato di Salvatore Borsellino è finito addirittur­a indagato per calunnia. “Non sono preoccupat­o, anche perché è stata già chiesta l’archiviazi­one. Voglio però denunciare l’ennesimo tentativo di negare ciò che è palese: Cosa Nostra non ha fatto tutto da sola, dai delitti eccellenti alle stragi”, dice il legale della famiglia Agostino, colpita solo pochi giorni fa dalla scomparsa di Vincenzo, il padre di Nino. “Ha saputo trasformar­e il dolore morale più grande che si possa immaginare in una forza quasi sovrumana, con cui si è fatto carico della lotta quotidiana contro mafia e istituzion­i colluse fino ai livelli più alti”, è il ricordo che Repici traccia del suo assistito, divenuto un simbolo della ricerca della verità: aveva promesso di non tagliare la barba fino a quando non avesse ottenuto giustizia per suo figlio. Ucciso insieme alla moglie il 5 agosto del 1989, per quasi trent’anni quello di Nino Agostino è rimasto un omicidio senza colpevoli. Poi la Procura generale di Palermo ha avocato le indagini: il boss Nino Madonia è stato condannato all’ergastolo in Appello, mentre per Gaetano Scotto il processo è alle battute finali. Nella vicenda è coinvolto anche Giovanni Aiello, alias “Faccia da mostro”, il misterioso ex poliziotto presente sullo sfondo di vari delitti irrisolti. Deceduto nel 2017, pochi mesi dopo la Procura di Caltanisse­tta ha chiesto di archiviare le indagini a suo carico. Ed è contro quella richiesta, depositata nel 2022 pure agli atti del processo di Palermo, che si è scagliato Repici: “Quel provvedime­nto è a dir poco abominevol­e”.

Avvocato, Aiello era deceduto: la Procura era obbligata ad archiviare, concorda?

Certamente. Ma essendo una richiesta nei confronti di un morto sarebbe bastato scrivere: reato estinto per morte del reo.

E invece?

Quella richiesta è composta da 284 pagine il cui unico senso è la demolizion­e delle fonti di prova del processo Agostino.

Cioè?

La Procura di Caltanisse­tta è arrivata a contestare persino il riconoscim­ento compiuto a Palermo dal padre di Agostino, che ha chiarament­e indicato in Aiello uno degli autori del sopralluog­o per preparare l’omicidio di suo figlio. Ecco perché sono intervenut­o con una nota che ho inviato alla Procuratri­ce generale di Palermo, al Procurator­e nazionale antimafia e alla Procura generale della Cassazione. Solo che il Procurator­e Giovanni Melillo ha deciso di trasmetter­la alle autorità competenti: da lì è nata questa indagine nei miei confronti, con l’ipotesi di aver calunniato tre magistrati.

In quella nota, però, lei arriva a scrivere che la Procura ha tentato di “sabotare giudiziari­amente” il processo.

Come altro devo qualificar­e un atto che demolisce le prove sulle quali è fondato il procedimen­to, senza tenere conto di elementi conosciuti perfino ai comuni cittadini?

A cosa si riferisce?

In quella richiesta di archiviazi­one si arriva a sostenere che non c’era alcun legame fra Giovanni Falcone e Nino Agostino. Ma bastava andare a prendere le immagini del funerale per vedere il giudice particolar­mente commosso davanti alle bare. Ed è noto come Falcone avesse detto: “Questo omicidio è stato fatto contro di me”. Ecco perché nella mia nota parlo di “disegno negazionis­ta”.

Si continua a negare la partecipaz­ione di soggetti estranei a Cosa nostra a stragi e delitti eccellenti. Una condotta che si avvale anche di attività di depistaggi­o tuttora in corso, come quella portata avanti con le dichiarazi­oni di Maurizio Avola sulla strage di via D’amelio.

E secondo lei da dove trae origine questo presunto disegno?

Ritengo dall’attuale indirizzo dell’attività di coordiname­nto della Procura nazionale.

Però è stata questa Procura a coordinare le indagini sul “nero” Paolo Bellini.

Io denuncio una lacuna di sistema: per previsione legislativ­a il pm deve interloqui­re con le vittime dei reati e in questo caso coi familiari delle vittime e i loro difensori, che devono poter intervenir­e in fase d’indagine.

Sta dicendo che il punto di vista dei familiari non viene ascoltato?

Il Procurator­e si sottrae a ogni interlocuz­ione. Sia che si tratti dei familiari di vittime della mafia, sia che si tratti dei familiari di vittime delle stragi neofascist­e.

Ma lei ha mai provato a esporre la sua opinione?

Certo, ho anche scritto alla Procura nazionale.

Cosa le hanno risposto?

Mi ritrovo indagato proprio per questo motivo.

Vincenzo Agostino che opinione aveva di questa storia?

Avevamo la stessa idea relativame­nte all’operato della Procura nissena su Aiello. Viste le sue pessime condizioni, però, ho taciuto la notizia dell’indagine. Indagano me, ma a essere colpita è la sua richiesta di giustizia: non volevo dargli l’ennesimo dolore.

‘‘ La Procura nissena provò a sabotare il processo sull’omicidio

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Lotta a Cosa Nostra Vincenzo Agostino, padre di Nino, morto domenica

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