Rimozioni italiane, un Paese che non ha ancora fatto i conti con il colonialismo
Dalla redazione del Fatto Quotidiano si vede chiaramente via Amba Aradam che ci scorre accanto e su cui sorgerà a breve una nuova stazione della metropolitana. Come tutta la toponomastica, nessuno tende più a collegare ai nomi delle vie il loro significato storico, associandole piuttosto alle loro caratteristiche contemporanee. Amba Aradam, invece, è carica di significato perché in quella località, il 15 febbraio 1936, l’italia avvia la sua conquista dell’etiopia a seguito di una battaglia in cui il generale Badoglio avrà utilizzato anche i gas per piegare la resistenza africana.
L’esempio con cui inizia il libro di Deplano e Pes aiuta a capire quanto la storia del colonialismo italiano sia rimossa nel discorso pubblico e quanto sia difficile un esercizio di memoria che faccia davvero i conti con il passato italiano. Se il fascismo costituisce ancora un ingombro che i partiti di governo non vogliono rimuovere, il colonialismo italiano è materia incandescente per tutto il pensiero mainstream a cominciare dai sedicenti liberali. Forse proprio perché l’espansione italiana in Africa inizia proprio nell’italia liberale tra la seconda metà dell’800 e il primo Novecento. Adua è del 1896, la
Libia del 1911. La Grande guerra vede un paese che è già modellato su quel paradigma. Con il fascismo si compie il salto di qualità: si punta esplicitamente all’impero, per quanto questo sia più un prodotto della retorica fascista che una realtà sul campo. Ma è proprio nel corso degli anni 30 che il regime impasta la volontà di potenza internazionale con l’inasprimento nella politica interna e la sua più compiuta ristrutturazione interna.
La rimozione del colonialismo italiano è un tema che andrebbe affrontato con più nettezza, soprattutto quando dal governo, ma anche dall’unione europea, si propongono improbabili “piani Mattei” che senza fare i conti con il passato rischierebbero di riproporlo con esiti non piacevoli.