De Luca e i suoi (tanti) fratelli: gli onorevoli del rutto libero
Ci ha abituati a tutto, Vincenzo De Luca, l’uomo che ha travisato la politica per un cabaret triviale. La presa per i fondelli di Don Patriciello – “il Pippo Baudo con la frangetta dell’area nord di Napoli” – è l’ultima prodezza di un repertorio sconfinato. De Luca ritiene di avere licenza di insultare e la usa con chiunque, sempre. In genere si dedica agli avversari politici (per esempio Giorgia Meloni è stata definita raffinatamente “stronza” e “stracciarola”) oppure ai colleghi di partito (i dirigenti del Pd sono “maleducati”, “imbecilli”, “pinguini” e tante altre belle cose). Stavolta – è il motivo per cui ha provocato un flebile moto di stupore – l’invettiva è stata dedicata a un prete anti camorra.
D’ALTRA PARTE, nemmeno questa è una novità. Tra i distintivi di una classe politica che vuole mettersi al livello degli elettori solo nelle loro espressioni più grette, ci sono il dileggio, l’offesa o l’insulto di giornalisti, magistrati, esponenti della società civile, semplici cittadini e persino uomini di Chiesa. In tempi recenti, prima di Patriciello, anche Don Ciotti aveva conosciuto le gentilezze pubbliche di un uomo di potere, il ministro Matteo Salvini. Lo scorso luglio Ciotti si era azzardato a ipotizzare, con una battuta, che il Ponte sullo Stretto avrebbe unito “due cosche” oltre che “due coste”. Salvini gli rispose definendolo “un signore in tonaca” e attribuendogli “un’ignoranza e una superficialità senza confini”. Il capo della Lega è uno dei campioni assoluti dell’insulto politico, soprattutto sui social network: ci sono passati in moltissimi (un elenco non esaustivo: Fabio Fazio, Luciana Littizzetto, Roberto Saviano, Furio Colombo, Domenico De Masi, Michele Santoro, Gad Lerner, Fedez, Gemitaiz, J-AX, Mannelli, Vauro, e ancora, e ancora...).
In cima alle classifiche dei più violenti è persino superfluo citare Vittorio Sgarbi, che dell’insulto pubblico e indiscriminato ha fatto una professione, in certi momenti quasi un’arte. Ci limitiamo a un bignamino della delicata retorica dell’ex sottosegretario alla Cultura: a Marco Travaglio “sei un pezzo di merda puro”; a Gianni Barbacetto “capra, bestia ignorante”, “faccia di merda”, “tu e quella camicetta rosa da finocchietto”; ad Alessandro Cecchi Paone “pensi solo all’esibizione della tua oscena bisessualità”, “fai il laico del cazzo… il cazzo gli piace”; al giornalista di Report, Manuele Bonaccorsi “se muori in un incidente stradale sono contento”.
Tra i più recenti, prestigiosi acquisti della politica italiana bisogna citare il sindaco di Terni, Stefano Bandecchi, ricchissimo fondatore dell’università telematica “Niccolò Cusano”. Di scuola sgarbiana, ovviamente grande idolo di quella fucina culturale che è la Zanzara di Radio24, Bandecchi ha l’abitudine di aggiungere agli insulti pure la minaccia fisica. Lo sanno i tifosi della Ternana (di cui è ex presidente) sui quali ha sputato copiosamente alla fine di una partita, lo sa l’addetto stampa del comune di Terni (“Se torna gli do due pizze”) e lo sanno i partecipanti alle sedute del consiglio comunale, a cui spesso e volentieri il nostro si dedica con assoluto vigore. Impossibile tenere il conto delle persone offese da Bandecchi, che non risparmia nemmeno uscite sessiste (“Lei è molto carina, ma non ha capito quello che ho detto”, ha risposto a Sara Manfuso, durante una trasmissione tv. Di fronte alle proteste di Manfuso, ha subito rettificato: “Allora lei è brutta come la fame e non ha capito ugualmente”).
MERITA massima considerazione in questa rassegna il forzista Maurizio Gasparri. Appartiene alla categoria degli insultatori incontinenti, che non si curano nemmeno di conoscere le generalità dell’interlocutore, lo offendono e basta. Il senatore non se la prende solo con i colleghi o con i giornalisti, ma pure con le persone comuni e persino con personaggi immaginari. Notevole fu il livello di cafonaggine con cui omaggiò una giovanissima fan di Fedez su Twitter nel 2014: “Meno droga, più dieta, sei messa male”. Raccapricciante il commento con cui “festeggiò” la liberazione di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due cooperanti sequestrate per mesi in Siria, il 17 gennaio 2015: “#Vanessaegreta sesso consenziente con i guerriglieri? E noi paghiamo!”. Ma il capolavoro assoluto, l’everest della carriera di Gasparri fu la polemica con un utente anonimo che gli aveva scritto sotto il nick name di “Puffo Brontolone”. Il senatore, impassibile: “@Puffobrontolone non c’è cura per te, spacciato”.
SENZA LIMITI OFFESI TUTTI: ANCHE PRETI E GENTE COMUNE