Il Fatto Quotidiano

Nicola Pugliese Da “Malacqua” a “La nave nera”, l’importanza di rileggere il “Salinger napoletano”

- MASSIMO NOVELLI

Fu in seguito alla Grande Crisi – dopo la soppressio­ne di Ferragosto, di Capodanno e della Santa Pasqua di Risurrezio­ne – che venne per ultimo cancellato il giorno di Natale”. È l’incipit di uno degli otto splendidi racconti di Nicola Pugliese (1944-2012), appena pubblicati dalla casa editrice Polidoro con il titolo La nave nera. Otto racconti di angoscia, di mistero, anche di terrore esistenzia­le, con l’irruzione del fantastico e del soprannatu­rale, dell’imprevedib­ile, che, come una calamità biblica, sconvolge la presunta normalità della vita quotidiana, il tempo stesso, e gli uomini, le donne, gli oggetti.

Storie che evocano il miglior Dino Buzzati, ma anche i surrealist­i, un romanzo come La nube purpurea di M.P. Shiel, certa fantascien­za e alcune pagine memorabili di Ennio Flaiano con i suoi marziani a Roma. Scrittore e giornalist­a (lavorò al quotidiano napoletano Roma), nato a Milano, vissuto per quasi tutta la sua vita a Napoli e morto ad Avella (Avellino), Pugliese fu scrittore di appena due libri: La nave nera, appunto, uscito già nel 2008 per la Compagnia dei Trovatori, e il romanzo Malacqua, pubblicato prima da Einaudi nel 1977 e nel 1978, con il sostegno di Italo Calvino, e quindi ristampato da Tullio Pironti (2018) e da Bompiani (2022). In questi due libri, ricorda Nando Vitali (che gli fu amico) per Succedeogg­i, c’è tutta la vicenda letteraria e la leggenda del narratore che, quando era ancora in vita, veniva chiamato il Salinger napoletano. Non per le affinità narrative, ma perché (dice Vitali) “come l’americano era diventato famoso per un solo romanzo, Il giovane Holden, così era accaduto a Pugliese per Malacqua”. E come Salinger, d’altra parte, era schivo, non amava la ribalta, viveva appartato. Una volta, rammenta Vitali, “riuscimmo a scalfire il suo scetticism­o conquistan­do la sua fiducia. Fra un caffè e una sigaretta consumata con gusto sonnolento, ci parlò anche di sé. Ma non volle mai farci salire in casa. Solo una volta arrivammo sotto al portone insieme a lui, poi d’un tratto ci ripensò dicendo ‘no, meglio di no’”.

Ci sono scrittrici e scrittori che scrivono e stampano decine di volumi, vincono premi. tengono blog, compaiono con frequenza in tv su svariati canali. Eppure delle loro pagine resterà ben poco. Pugliese scrisse pochissimo, o almeno, se ci si basa su quanto venne edito, pubblicò quasi nulla. Uscì prestissim­o di scena, come La nave nera di un suo racconto, che appare misteriosa­mente di notte nel golfo napoletano e sembra levitare sul pelo dell’acqua; al mattino è già scomparsa. Ma i due libri dell’autore napoletano sono destinati a rimanere, lo dimostra la riproposta che è stata fatta negli ultimi tempi.

Pare che Pugliese lavorasse meticolosa­mente su ogni parola, la sua scrittura ammaliante lo testimonia. In ciò ricorda Beppe Fenoglio, un altro che faticava duramente su parole e pagine, le rifaceva più volte. Gli otto racconti de La nave nera scardinano l’ordine delle cose, spalancano la porta sul caos e sull’ignoto. Lo fanno attraverso agende che non rispettano più le convenzion­i dei giorni e dei mesi, con giornali che annunciano la morte di chi li sta leggendo, tra quelle prigioni senza fine. Insomma: un grande scrittore.

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