Quello del lago di Como ha fatto l’impresa
Contro ogni pronostico, con tanto di naufragio finale, Dario Noseda, uomo di laghi, ha realizzato un’impresa che sa di film di avventura: attraversare l’Atlantico su di una piccola barca nata per veleggiare solo qualche ora. Il suo sogno dopo 39 giorni di
LA BARCA
È una Star del 1989 pagata come un’utilitaria usata L’ARRIVO
Stremato naufraga sulle coste di Santa Lucia
LA ROTTA
3.500 miglia in 39 giorni a 30 centimetri dall’acqua
Mentre il francese Francois Gabart con un enorme trimarano di 31 metri batteva il record del giro del mondo in solitario in 42 giorni, l’italiano Dario Noseda con una barca progettata all’inizio del secolo scorso, è stato il primo uomo ad aver attraversato l’Atlantico con una Star, lunga neppure sette metri. La barca di Gabart è nata per navigare in oceano per mesi, quella di Noseda per uscite che durano al massimo qualche ora. Il francese, 34 anni, aveva alle spalle una sponsorizzazione di decine di milioni di euro, un’esperienza di anni in Oceano. L’italiano si è fatto aiutare da aziende italiane che hanno fornito materiale e know how ma ci ha messo del suo, ha 50 anni, e non aveva mai attraversato l’Atlantico. Gabart è nato e vive nella culla della vela oceanica in Bretagna. Noseda è un uomo di lago: è nato sul lago Maggiore e vive sul lago di Como. Per noi l’impresa del “laghé” italiano vale più del prestigioso record del francese. E ha tante motivazioni e valori più vicini a quelli di noi tutti, appassionati di vela. Alzi la mano chi una volta nela vita non ha sognato di fare qualcosa fuori dall’ordinario, per mettere alla prova se stesso e le proprie capacità. Dario Noseda (potete leggere il resoconto della sua impresa a pag. 91) ha realizzato questo sogno in teoria alla portata di molti. Nel suo caso non è entrato in gioco lo scoglio spesso insormontabile dei soldi necessari per realizzare qualcosa di fuori dal comune. La sua Star è del 1989, l’ha pagata meno di un’utilitaria usata. L’incredibile lavoro che gli ha permesso di attraversare l’Atlantico se l’è ideato lui stesso. Tanto ingegno, buon senso e una meticolosa preparazione, l’aiuto di amici e aziende che hanno compreso che “quel matto del lago” faceva sul serio. Il racconto della sua traversata, 3.500 miglia in 39 giorni a 30 centimetri dall’acqua, da Tenerife (Canarie) a Santa Lucia (Caraibi) potrebbe essere la trama di un film d’avventura. Quando i delfini decidono di giocare con la poppa e rischiano di sfondargliela o i pescatori con cui parla al VHF gli vogliono regalare un tonno che è più grande della sua barca. Per non parlare degli otto giorni ininterrotti al timone perché il pilota automatico non funzionava più o della solidarietà dei marinai dell’isola di Capoverde, dove si è fermato per riparazioni, prima di riprendere il largo. Ma, come si conviene ad un grande racconto d’avventura, il meglio è nel finale. Noseda, stremato, vede terra. Solo all’ultimo si accorge che la rotta non lo sta portando in Martinica dove voleva atterrare, ma si trova più a sud, in vista di Santa Lucia. Non ce la fa più, fa naufragio sulle coste dell’isola. Raccolte le ultime forze raggiunge la baia di Rodney Bay per chiedere aiuto. Ma è salvo. Non è finita, il giorno dopo ritrova la barca, quasi intatta, ma i pirati gli hanno depredato tutto, compresi i vestiti e il computer. Ma la frase più bella, ingenua, vera l’ha detta due giorni dopo sull’aereo che lo riportava in Italia: “adesso voglio mettermi le ciabatte e sdraiarmi sul divano”. Lo so, non dovrei, è scorretto. Ma io un voto glielo darò per concorrere ad un premio del Velista dell’Anno 2018. E anche se non volete votare Noseda, andate a pag. 56, scegliete uno dei 100 candidati e votate anche voi. E poi vi aspettiamo a Santa Margherita Ligure il 4 maggio per la grande festa della premiazione. Magari potreste scambiare quattro chiacchiere con Dario Noseda, quel matto del lago che ha realizzato il suo sogno, attraversare l’Oceano su di una barca nata per navigare per qualche ora.