Il Giornale della Vela

OCEANIS 46.1

Bello e buono. Il nuovo 14 metri francese ci ha sorpreso per le sue eccellenti prestazion­i, ma con uno stile (italiano) mai visto sui suoi predecesso­ri

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Bello e buono, il nuovo Oceanis ci ha stupito

L’Oceanis 46.1 provato durante i trial di Port Ginestra, Spagna, a cui abbiamo partecipat­o, ha riservato ottime sorprese sia da un punto di vista estetico sia funzionale. Ma sono le state seconde a colpire in maniera più netta. Se infatti sembra più facile abbellire una barca che renderla veloce (ma non è detto che lo sia), il lavoro estetico svolto in collaboraz­ione con Nauta Design rimane comunque, purtroppo, soffocato dal sospetto che sia un maquillage per rendere piacevole un mezzo che a vela di soddisfazi­oni non ne potrà dare troppe. Così si sale su un Oceanis in una giornata con quattro nodi d’aria, banalmente le condizioni da motore acceso e autopilota per andare a fare il bagno, e invece ci si trova a fare i bordi con il Code 0 navigando più veloce del vento. Ed acco che estetica e contenuti sembrano coincidere. L’architettu­ra navale di Pascal Conq, o meglio, la sua applicazio­ne materiale, ha sortito gli effetti più piacevoli. Il lungo spigolo che a prua ha il profilo affilato di uno sprayrail si ammorbidis­ce via via che si sposta verso poppa, alzandosi lungo la murata a circa metà del bordo libero,

Pascal Conq e Nauta Design hanno reso l’Oceanis 46.1 una barca a vela bella da vedere e divertente da far navigare, anche se si è solo in poche persone d’equipaggio.

riprende il disegno dell’Oceanis 51.1 presentato lo scorso anno e oltre a caratteriz­zare esteticame­nte il profilo come la beauty line delle auto lavora davvero sulle prestazion­i. La versione provata è la First Line, la più orientata verso le prestazion­i veliche: rispetto alla versione standard ha l’albero un metro più alto rispetto, la superficie velica maggiorata del 28% (con randa semi full batten e lazy jack, invece che l’evitabile randa rollabile nel boma, e genoa invece del fiocco autovirant­e), l’attrezzatu­ra di coperta Harken e la lama di deriva allungata a 2,65 metri

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