Lo stato chiede un milione al Marina di Rimini. Ma ha torto
Continua la guerra sui canoni demaniali dei porti turistici, malgrado le sentenze della Corte Costituzionale e del TAR
L’Agenzia delle Entrate se ne frega delle sentenze della Corte Costituzionale e del TAR e consegna al Marina Blu di Rimini una cartella per 1,1 milioni di euro, bloccandogli i conti correnti, azzerando l’operativa del porto adriatico. La richiesta riguarda importi maggiorati fino al 380% del canone concessorio inizialmente pattuito. Il Comune di Rimini in nome dello stato, proprietario delle coste italiane tramite il Demanio, rifiuta ogni richiesta di ricalcolo dei canoni alla luce dell’interpretazione “costituzionalmente orientata” delle norme: 662 armatori dei posti barca del Marina rischiano di “perdere” il posto. Tutta colpa della “folle” richiesta dello stato ai porti turistici italiani, con aumentiretroattivi sino a quattro volte superiori dei canoni demaniali. L’Agenzia delle Entrate di Rimini, se ne è fregata della sentenza della Corte costituzionale che recita: "i nuovi canoni demaniali risultano applicabili soltanto alle opere che già appartengano allo Stato, mentre per le concessioni di opere realizzare a cura del concessionario, ciò può avvenire solo al termine della concessione, e non già nel corso della medesima”. E neppure ha aspettato l’esito dell’udienza sulla sospensione delle cartelle presso il Tribunale. Ma c’è di più, a inizio marzo 2018 il TAR della Toscana ha dato ragione ai ricorsi presentati da Marina Cala de’ Medici contro il Comune di Rosignano che aveva richiesto enormi aumenti del canone demaniale. Il caso del Marina Blu di Rimini non è una questione da poco, perchè questo contenzioso riguarda chi ha già acquistato un posto barca o chi ha intenzione di acquistarlo. Le società portuali infatti a chi andrebbero, almeno in parte, a chiedere i costi dell’aumento dei canoni demaniali? Ai loro clienti, ovviamente.