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Come mai non si incentiva la rottamazione delle barche come quella delle auto? L’ambiente e il mercato ringrazierebbero: vi spieghiamo il perché
Basta cimiteri di barche!
Quella che un tempo era la più bella barca del Mediterraneo, adesso, è un cumulo di macerie a Palma di Maiorca (Baleari): il 40 metri My Song di Pigi Loro Piana, caduto clamorosamente fuori da un cargo nel maggio scorso al largo delle Baleari aveva riportato danni troppo estesi a seguito dell’incidente e sarebbe stato troppo costoso un refit integrale: la demolizione è stata inevitabile.
MA QUANTO COSTA DEMOLIRE LE BARCHE?
Quello che dovrebbe essere evitabile, invece, sono i costi di demolizione delle barche: in una nostra inchiesta (Giornale della Vela di Marzo 2019, pag. 76) avevamo fatto il punto sull’iter da seguire quando si decide di affidare la propria barca al rottamatore e come funziona lo smaltimento. Burocrazia a parte, se per disfarsi di un 40 piedi si arrivano a spendere fino a 7.000 euro, ecco che possiamo capire il perché di tante cose. Perché ci sono zone d’Italia (a noi vengono in mente le foci fluviali, come quella dell’Arno o del Tevere) che sono dei veri e propri cimiteri di barche semidistrutte, perché trovate scafi allo sfascio nei piazzali delle campagne (e magari lo spazio è stato affittato in nero, con buona pace del fisco), perché c’è chi, in barba alla legge, decide di affondare la barca piuttosto che affrontare i costi di demolizione e l’affitto del posto barca.
LA SOLUZIONE SAREBBE SEMPLICE
La soluzione ci sarebbe e ce l’abbiamo davanti agli occhi da anni. Si chiamano incentivi statali alla rottamazione. Sono quelli a cui siamo abituati nel mondo delle automobili: sono quelli che ti fanno dire “ma si, ora è il momento giusto per cambiare macchina” e che fanno girare l’economia. Pensate ai vantaggi: dando indietro la vostra vecchia barca obsoleta, oltre a dimenticarvi delle pratiche burocratiche e dei “verdoni” che sareste costretti a sborsare per demolirla, potreste approfittare di uno sconto su quella nuova. Questo darebbe nuova linfa a un mercato, quello delle barche a vela, che è in Italia è ancora una nicchia. Senza dimenticare la spinta al settore delle aziende specializzate nella rottamazione (ad oggi, pochissime), che avrebbero così una forte convenienza a trovare soluzioni eco per lo smaltimento della vetroresina. E addio cimiteri di barche. Come potrebbe insegnare qualsiasi economista da bar, è tutto collegato e la soluzione è molto semplice. Sta al governo metterla in atto, magari bussando alle porte dell’Unione Europea per ottenere fondi. Poi, ovviamente, si potrebbero pensare a ulteriori eco-incentivi per chi acquista barche da cantieri sostenibili che montano “di serie” soluzioni green (pannelli solari, motori elettrici, etc), ma questo, forse, è il secondo passo.