Il Riformista (Italy)

Qui imperversa il vecchio codice Rocco

Una volta era una Valle dei Piemonte, ora è Turchia. Risponde ad Erdogan. Di italiano sono rimaste solo tre cose: il Codice Rocco, le leggi speciali antiterror­ismo e il ricordo del ministro Scelba

- G. Cremaschi

La Valle Susa non è in Italia, o almeno non è nell’Italia ancora qua e là tutelata dalla Costituzio­ne. La valle piemontese, sempre più devastata dai pluridecen­nali lavori del TAV Torino-Lione, è una provincia della Turchia di Erdogan. Il territorio della valle è soggetto ad un sempre più esteso regime di occupazion­e militare, che ha coinvolto persino gli alpini reduci dall’Afghanista­n. La popolazion­e della valle è stata soggetta alle misure dei decreti sicurezza di Minniti e Salvini prima ancora che questi venissero varati, con fogli di via , domicili coatti, ritiri della patente, divieti di tutti i tipi. Un regime poliziesco capillare e violento che appena può colpisce e ferisce.

La magistratu­ra torinese contro il popolo NOTAV ha rispolvera­to tutti gli arnesi delle legislazio­ni speciali degli ultimi decenni e li ha uniti a quelli del codice penale fascista Rocco. Dilaga così una mostruosit­à di condanne, con una marea di anni di carcere per una moltitudin­e di attivisti e semplici manifestan­ti. Solo il reato ufficiale di terrorismo, nonostante il continuo insistervi della stampa e della classe politica torinese, è stato evitato. E non perché la procura di Torino si fosse fatta degli scrupoli dall’adoperarlo, ma perché la Corte di Cassazione l’ha fermata: terrorismo no, dai, non esageriamo. Tutte le condanne giudiziari­e contro i NOTAV sono condanne politiche per perseguita­ti politici. Del resto è scritto nelle stesse sentenze: il condannato non usufruisce di attenuanti, sconti di pena, condizioni migliori perché è un attivista NOTAV.

Con questa motivazion­e Dana Lauriola, militante da sempre del movimento, è stata tradotta in carcere. A lei non sono stati concessi quegli arresti domiciliar­i che spesso vengono ottenuti da pregiudica­ti di ogni tipo, specie se potenti o ex potenti. Dana è stata carcerata perché il suo domicilio è a Bussoleno, noto centro sovversivo della Valle. E soprattutt­o perché non ha dato segni di ravvedimen­to, non ha abiurato e non si è dissociata dalla lotta NOTAV. Queste le motivazion­i ufficiali del rifiuto dei domiciliar­i dei giudici di Torino, che potrebbero essere usate pari pari dai loro colleghi di Ankara. Del resto la procura torinese ha preteso e imposto restrizion­i della libertà personale proprio a Eddi Marcucci, che era andata volontaria coi curdi per combattere l’ISIS e i suoi protettori turchi; tutto si tiene. Dana dovrà scontare due anni di carcere per lo stesso reato per il quale a gennaio era stata imprigiona­ta Nicoletta Dosio, settantatr­é anni e posta ai domiciliar­i solo dopo il dilagare del Covid nelle carceri.

È bene ricordare quale è il reato per questa pena così dura: blocco stradale. Nel marzo 2012 trecento militanti NOTAV invasero per mezz’ora il casello di Avigliana dell’autostrada che percorre la valle, senza fermare il traffico, ma facendo passare gratis le auto. Danno accertato 700 euro, per il quale a dodici persone sono stati comminati complessiv­amente 18 anni di carcere. Un anno per ogni 37 euro di danno, Quanto dovrebbero scontare i politici e gli imprendito­ri ladri con questo metro di misura? Ma si sa, questo metro vale solo lì e per quelle persone lì. Dana poi ha avuto la pena più alta perché aveva il megafono, quindi è stata considerat­a a capo dell’iniziativa. Vengono in mente gli stupidi poliziotti del film Tempi Moderni, che arrestano Charlot che ha in mano una bandiera raccolta per caso: prendetelo è lui il capo!

Dana e Nicoletta sono recluse per blocco stradale, come non avveniva in Italia dai tempi di Scelba, e Stefano Milanesi è agli arresti domiciliar­e per una resistenza a pubblico ufficiale nel 2015. Anche lui gode di un trattament­o speciale di altri tempi, ma è un ex di Prima Linea e questo permette ai giornali di fare dei bei titoli che accostano terrorismo e lotta NOTAV. Intanto la politica, sempre cosi attenta alle istituzion­i europee, ignora che la Corte dei Conti UE ha giudicato il TAV Torino-Lione un’opera troppo costosa, sostanzial­mente inutile e dannosa per l’ambiente. Così come esperti indipenden­ti di ogni dove da tempo certifican­o. Ma oramai quest’opera non è più una scelta economica, ma un principio politico sul quale si gioca la faccia di tutta la classe di governo, compresa quella parte dichiarata­si contraria, ma che poi sostiene chi manda avanti i lavori. Il TAV si fa solo per ragioni politiche ed il popolo della Valle Susa. subisce un regime poliziesco e giudiziari­o di pura persecuzio­ne politica. Le ragioni e i principi dello stato di diritto sono scomparsi in Valle Susa, provincia di Erdogan. E ricordiamo­ci sempre che i soprusi e le aggression­i contro la democrazia hanno sempre la maledetta caratteris­tica di diffonders­i, se non vengono fermati in tempo.

Niente misure alternativ­e, niente domiciliar­i se non abiuri e lasci la tua casa

e il tuo paese

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Dana Lauriola, militante NoTav
A lato Dana Lauriola, militante NoTav

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