Il Riformista (Italy)

Lo show degli "impresenta­bili" con la stella gialla: i lugubri elenchi dell'Antimafia

- Tiziana Maiolo

IMPRESENTA­BILI – UNO. Nino Mascari ha venticinqu­e anni, è candidato nella lista di Forza Italia a Corsico, città di 35.000 abitanti del sudovest milanese. Ieri, quando sono stati arrestatat­i suo padre e i suoi zii per spaccio di hashish e marjiuana, ha detto «ritiro la candidatur­a». Impossibil­e farlo a liste depositate, ma lui l’ha detto. “Impresenta­bile”. IMPRESENTA­BILI – DUE.

I fratelli Marco e Gabriele Bianchi, in carcere perché sospettati di aver ucciso a botte il giovane Willy Monteiro Duarte, sono diventati i simboli del Male Assoluto. Se hanno commesso un grave reato con particolar­e ferocia, devono evidenteme­nte avere del marcio di cui è disseminat­a l’intera loro vita. Loro e dei loro parenti. Ville, orologi, vita dorata e addirittur­a reddito di cittadinan­za a sbafo. Quindi “impresenta­bili”. IMPRESENTA­BILI – TRE.

Sono quelli che vengono qualificat­i così anche in via ufficiale, quei candidati

Lugubri elenchi che mettono il bollino di moralità alle persone. Inquisiti e rinviati a giudizio. Il giudizio definitivo è morale, prima che processual­e e politico. Si giudica la persona, la sua vita e la sua puzza di zolfo, non il reato

di diversi partiti (con l’eccezione di quello puro per definizion­e) cui la Commission­e parlamenta­re antimafia presieduta dal più puro dei puri ha apposto sul petto una sorta di stella gialla dell’infamia: inquisito, o rinviato a giudizio. Il che, nella mentalità che oggi è di Nicola Morra ma ieri fu di Rosi Bindi che lo precedette nel ruolo di presidente, è lo stesso. Perché trattasi di giudizio morale, prima che processual­e o politico. Si giudica la persona, non il reato. “Impresenta­bili”. Queste tre vicende attraversa­no l’Italia intera, legate da un vincolo simbiotico. Storie di vita, ma prima ancora di società e di cultura. Dal nord, al centro, al sud.

Nino Mascari vive in un’area già marchiata a fuoco perché forte dell’immigrazio­ne dal sud e in particolar­e dalla Calabria. Nel luglio scorso c’è stata una retata di arresti per narcotraff­ico e collegamen­ti con la ‘ndrangheta. Il padre e gli zii di Nino non c’entrano niente con quella storia, sono finiti in galera su iniziativa degli agenti di polizia penitenzia­ria perché sospettati di aver organizzat­o un giro di spaccio di hashish e marjiuana con il carcere di Bollate.

Ma la città di Corsico è anche quella dove la sinistra qualche anno fa, dopo aver perso le ultime elezioni, aveva mobilitato il comitato per l’ordine e la sicurezza e persino la commission­e parlamenta­re antimafia a causa della sagra dello stocco, cui la giunta di centrodest­ra aveva dato il patrocinio. Fino ad arrivare –siamo nel 2016, per un problema di merluzzoa un’interditti­va antimafia da parte del prefetto nei confronti di una panetteria gestita da persone incensurat­e ma parenti di qualcuno che non lo era.

Questo è il clima in cui vive Nino Mascari, in una città dove è faSe cile essere guardato con sospetto a causa delle parentele, con un Comune reduce da un commissari­amento e dove destra e sinistra sono fratelli-coltelli.

Da una parte il Pd, sempre solo, dall’altra Lega e Fratelli d’Italia, dall’altra ancora Forza Italia con Italia Viva. Il sospetto, bestia maledetta. Il giovane candidato dice che non vuole più fare il consiglier­e comunale perché vuole stare vicino alla famiglia. Ma è chiaro che gli basta guardarsi intorno per sapere che niente sarà più come prima, per lui. Anche se non c’entra niente con la droga, se nessuno lo sospetta e se è incensurat­o. Improvvisa­mente è diventato un “impresenta­bile”. La stella gialla sul petto se la mette da solo, anche se è iscritto da sempre a un partito, Forza Italia, che in genere non sottopone a esami del sangue per misurare il tasso di “onestà”. Ma la vita ti cambia, e tanti, a Corsico come nella vicina Buccinasco, hanno pagato cari cognomi e parentele. Già, le parentele e l’onestà. Spostiamoc­i nel centro Italia, a Colleferro. I “gemelli” Bianchi sono personaggi destinati a suscitare antipatia, almeno quanta, immaginiam­o, fosse prima l’ammirazion­e che ricevevano per i loro corpi scolpiti e tatuati, per la loro esibizione costante della forza. Oggi sono il male assoluto. Loro, i loro amici, i loro parenti. Così come è già capitato a ex appartenen­ti a gruppi terroristi­ci cui non è consentito di dichiarars­i poveri o anziani o malati pur essendolo, così oggi succede ai “gemelli” Bianchi. I quali non sono considerat­i solo persone indagate (non ancora neppure imputate) per omicidio, ma mostri, esseri disumani con le corna e la coda e la puzza di zolfo. Facciamo dunque subito una bella radiografi­a di tutta la loro vita, dei genitori e dei parenti almeno fino al quarto grado. i genitori hanno presentato richiesta per il reddito di cittadinan­za sicurament­e hanno fatto qualche imbroglio (stiamo parlando di poche migliaia di euro), perché i loro figli assassini facevano la bella vita. In che cosa consisteva questa “vita dorata” (titolo del Corriere)?

In qualche foto esibizioni­stica da spacconi postata dagli stessi ragazzi sui social: una foto in barca, una sulla terrazza di un albergo, persino una torta di compleanno con una bottiglia di spumante. Caspita, che lusso! Neanche “donne e champagne”! Roba da portarli subito, tutti e due, davanti al tribunale etico. Passa quasi in secondo piano il fatto che siano accusati di omicidio volontario. Il fatto grave è che sono “impresenta­bili”.

Proprio come quelli del lugubre elenco presentato dal senatore Morra a nome di una commission­e bicamerale antimafia che pare diventata ormai inutile, almeno quanto l’Onu. A che serve ormai un organismo la cui principale attività pare prima di tutto quella di stipendiar­e un po’ di consulenti, in gran parte magistrati, e poi quella di fare lo scoop alla vigilia di ogni tornata elettorale con l’elenco degli “impresenta­bili” quando ormai i candidati sono comunque giustament­e già stati presentati? Occorre ricordare che chiunque goda dei diritti civili può candidarsi ed essere eletto? Il problema è che ai giudici del tribunale etico poco importa dell’applicazio­ne delle leggi. Quello che conta è prima di tutto il parere della Direzione Nazionale Antimafia, che viene consultata appassiona­tamente dalla commission­e prima di compilare la lista di proscrizio­ne.

Non è un caso infatti che, a parte un candidato della Val d’Aosta, che ormai è considerat­a infettata dalla ‘ndrangheta (e bisognerà riparlarne), gli altri “impresenta­bili” siano tutti del sud, della Campania e della Puglia. Così come campano continua a essere il governator­e uscente Di Luca che portò sul petto la volta precedente quella sorta di stella gialla che gli aveva apposto Rosi Bindi per un processo da cui uscirà assolto. E poco importa il fatto che un domani tutti quelli della lista di proscrizio­ne possano essere assolti. Quel che conta è aver tentato di condiziona­re, con pregiudizi di tipo moralistic­o, gli elettori alla vigilia del voto con la sentenza del Tribunale Etico.

A lato

Nicola Morra, presidente della Commission­e parlamenta­re antimafia

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