Il Riformista (Italy)

I pm, sempre chiacchier­oni, zitti solo sulla giustizia ingiusta

Intervengo­no su tutto, ma mai che trovino il tempo per un accenno ai malati e ai morti in carcere, ai bambini che crescono in cella. Perché?

- Iuri Maria Prado

Nel Paese in cui i magistrati, come si dice, parlano solo con le sentenze, il problema non c’è. Nel Paese in cui parlano dappertutt­o e su tutto, come succede qui da noi, il problema c’è ed è grande come una casa. Qual è? È questo: che nella serrata militanza pubblica della magistratu­ra non c’è mai posto non si dice per una denuncia, ma neppure per una perplessit­à sui tanti casi di evidentiss­ima ingiustizi­a di origine giudiziari­a. In un ordinament­o rispettoso i magistrati farebbero il gran piacere di stare zitti e non interverre­bbero su qualunque argomento spiegando ai politici come devono legiferare (cioè scrivendo le leggi che piacciono alle procure), ai giornalist­i cosa scrivere (cioè che i magistrati sono bravi e i politici mascalzoni) e ai cittadini come vivere per essere considerat­i perbene (cioè facendo gli spioni e tenendo in tasca il santino della star togata). Ma siccome quell’ordinament­o rispettoso non è il nostro, e appunto qui da noi i magistrati rivendican­o ed esercitano a piene mani il diritto di illustrarc­i quanto è ingiusta la società che essi eroicament­e si impegnano a migliorare, allora è legittimo domandarsi perché non trovino il tempo per un accenno ai malati e ai morti di carcere, per una parola sui bambini che crescono dietro le sbarre, per un dubbio davanti alla giustizia che sbatte in galera una donna perché non rinuncia a pensar male del Tav e a frequentar­e gente che la pensa allo stesso modo (non è uno scherzo, ne ha scritto ieri Piero Sansonetti, e le motivazion­i che portano e tengono in prigione Dana Lauriola, manifestan­te anti-Tav, sono esattament­e quelle: non può andare ai domiciliar­i perché continua a comportars­i “dando prova della sua incrollabi­le fede negli ideali politici” che l’hanno indotta a delinquere e perché risiede in un posto dove potrebbe incontrare altri “soggetti coinvolti in tale ideologia”). Evidenteme­nte non c’è un magistrato al quale tutta questa bella roba dispiaccia almeno un pochetto, visto che non c’è caso che nei loro editoriali (rarissimi, d’accordo), nelle loro interviste (pochissime, per carità) o nelle loro esibizioni televisive (anche più rare, lo sappiamo), questi signori ritengano di far sapere che tra le tante cose che non vanno un granché bene in questo caro Paese può esserci forse, magari, per ipotesi, almeno qualche volta, la giustizia che tratta ingiustame­nte le persone. Ma figurarsi. Eppure ce lo ricordiamo il manipolo di giustizier­i che convoca le television­i per far mostra della propria coscienza in ribellione (usarono esattament­e quella parola: “coscienza”) davanti al decreto che limitava la pratica della galera preventiva, cioè lo strumento per estorcere confession­i. Ma quando si tratta dell’ingiustizi­a commessa in nome della giustizia quella loro coscienza è impassibil­e.

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