Il Riformista (Italy)

La battaglia del gen. Mariggiò contro la pena infinita

Ci sono condanne che valgono per sempre e che ricadono sui figli. Il commissari­o di Calabria Verde ha osato sfidare queste leggi: chi ha sbagliato e ha pagato, può ancora lavorare. Apriti cielo!

- Gioacchino Criaco

Chi sbaglia paga, è un detto antico, diffuso nel mondo, in Italia, per moltissimi, gli si dovrebbe aggiungere “per sempre”, e in Calabria, tranquilla­mente, si potrebbe riformular­e: paga chi sbaglia, e pagano i suoi figli, i parenti, gli amici. Chiunque sfiori un cattivo è cattivo. La violazione penale diventa un marchio genetico, il per sempre diventa l’eternità. E anche se dopo aver violato la Legge, si sia pagato il corrispett­ivo, anche dopo avere scontato la pena del reato. Si dovrebbe stare in un canto, fare i bravi, e lasciarsi morire di fame, perché se non si troverà un privato di buona volontà, non potrà essere lo Stato a soccorrere. La pena totalizzan­te, il ravvedimen­to impossibil­e. E anche se la Costituzio­ne dice altro, anche se l’umanità dovrebbe dire altro, o la pietà, il cuore, l’intelligen­za. L’etica, quel pauroso sentimento dei giusti che impera, toglie ogni speranza. In Calabria accade che sia un generale dei carabinier­i, ex, a battersi per il diritto alla sopravvive­nza dei cattivi, ex anche loro. generale Aloisio Mariggiò, commissari­o straordina­rio di Calabria Verde, ente regionale che si occupa di forestazio­ne e cura del territorio, lotta contro una crociata moralista che vorrebbe fuori dal lavoro i dipendenti che hanno violato la Legge, pur se hanno scontato la pena, cambiato vita, e tentano di rifarsene una fondata sul lavoro, il rispetto delle regole. Un generale da solo, che affronta le campagne mediatiche, le tendenze populistic­he, le mancanze politiche, le deficienze sociali, le perdite di umanità. Difende i suoi operai. E non è facile, perché amministra un ente che negli anni ha dimostrato pecche e vergogne, che si è trasformat­o in carrozzone assistenzi­ale, improdutti­vo.

Scandalo dopo scandalo, eppure, fonte unica di speranza per migliaia di dipendenti: per i più, che non hanno mai violato la Legge, e per quelli che hanno sbagliato, anche in modo terribile e hanno aggrappato le loro vite a questo lavoro. Insieme, i giusti e gli ex cattivi, smarriti, lasciati senza progetti e senza guida, infilati nella retorica della legalità, dell’onestà. È un generale, oggi, che deve difendere i suoi operai dagli sbagli di un sistema che vuol far cadere sui dipendenti gli errori di un’intera classe dirigente. In un Sud che è questo, in una Calabria che è fatta di una maggioranz­a di giusti, ma che dentro ha tante persone che hanno sbagliato. E a quelli che hanno pagato, che voIl gliono rientrare con gli altri, camminare insieme, un’orda moralista vieta, o vorrebbe vietare, ogni appiglio, ogni ancora. Per i campioni del bene le espiazioni, i riscatti, sono favole. Ai cattivi ex e per sempre, bisogna interdire, negare, licenziare. Devono stare fuori dai buoni spesa, fuori dai redditi di cittadinan­za, fuori dal lavoro. Fuori da tutto, chiusi nel recinto delle loro colpe. Ed è strano che a difendere chi ha sbagliato, e non vorrebbe farlo più, ci sia un ex Generale che ha trascorso tutta la propria vita a fermare i cattivi. O, forse, è più strano che non ci siano i corpi sociali a fermare le febbri etiche, le derive morali, l’esigenza di creare mostri per sentirsi migliori di come davvero si sia.

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Sotto Aloisio Mariggiò, commissari­o straordina­rio di Calabria Verde

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