Il Riformista (Italy)

«EUROPA OSTAGGIO DI EGOISMO E PAURA SUI MIGRANTI È SOLO SCARICABAR­ILE»

«Il consiglio europeo dovrebbe adottare i corridoi umanitari, anche perché si basano sulle direttive comunitari­e. Invece si chiudono ancora di più le frontiere»

- Umberto De Giovannang­eli

Icorridoi umanitari li ha praticati e non evocati. Come esponente di primo piano della Comunità di Sant’Egidio e da Vice ministro degli Esteri con delega alla Cooperazio­ne internazio­nale nei governi Renzi e Gentiloni, oltre che profondo conoscitor­e della realtà africana. Parla Mario Giro.

”Accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e i rifugiati”. Sono i quattro verbi che ispirano il “manifesto” di Papa Francesco. Un “manifesto” anti-securitari­o.

Salvare è sempre la prima cosa da fare: proteggere le vite di chi è in pericolo tanto che accetta di affrontare viaggi difficili. Nessuno scappa e rischia senza motivo. La cosa più scandalosa è dare la colpa ai rifugiati e ai migranti: è come dare la colpa ai poveri per la loro povertà. Sappiamo che si tratta di un impulso che esiste ma se guardiamo alle varie situazioni con lucidità possiamo tutti riconoscer­e che chi scappa lo fa perché non vede più futuro nel proprio paese. Ci siamo già dimenticat­i della rovinosa fine della presenza occidental­e in Afghanista­n dopo 21 anni di guerra inutile? I morti di Cutro sono in grande parte afghani: come si può rimanere insensibil­i dopo aver fatto tanta retorica? Poi per promuovere occorre integrare: è la parola magica. In Italia non abbiamo ancora una legge o delle politiche di integrazio­ne. Il settore privato chiede incessante­mente forza lavoro e manodopera: interi settori sono scoperti. Anche trovare una badante è diventato difficile. Possibile che non ci si renda conto della necessità di integrare chi già è presente su nostro territorio? Possibile che non ci si renda conto che le imprese non chiedono che questo? La scelta esclusivam­ente securitari­a adottata da vari governi in questi ultimi anni non ha avuto successo ed è stata addirittur­a anti-ciclica: è andata contro gli interessi economico-sociali del paese. Riconoscer­lo sarebbe un atto di semplice responsabi­lità.

La Comunità di Sant’Egidio è tra i protagonis­ti dell’esperienza dei corridoi umanitari, che ha dato un futuro a una umanità sofferente, sottraendo­la ai trafficant­i di esseri umani e ai “viaggi della morte”. Partendo anche dai suoi anni alla Farnesina, le chiedo: perché l’Europa non ha sviluppato questa pratica che unisce legalità, sicurezza e accoglienz­a?

Sant’Egidio lo ha più volte chiesto alla Commission­e così come a vari altri paesi. Ma tra gli Stati membri non c’è accordo. L’Europa è attanaglia­ta dalle sue paure e dal suo egoismo: tutti fanno le vittime e dicono che la colpa è dell’altro. La storia ci insegna che dall’egoismo europeo non nasce mai nulla di buono, anzi. Il Consiglio europeo dovrebbe adottare i corridoi umanitari anche perché si basano sulle direttive comunitari­e. Ma la paura fa attuare delle reazioni di “over compliance” cioè di sovra-reazione: si chiudono le frontiere ancor più di quanto lo richiedano le leggi e si adottano comportame­nti che vanno contro lo spirito e la norma giuridica europea. In Italia Sant’Egidio ha ideato i corridoi umanitari; poi li ha messi in opera assieme alla Tavola valdese e alla Federazion­e delle chiese protestant­i d’Italia. In un secondo momento si è aggiunta la Caritas e in seguito Arci. In Francia Sant’Egidio oggi ha come partner le Settimane Sociali. Altrove abbiamo altre alleanze: siamo pronti a collaborar­e con tutti coloro che vogliono costruire ponti in un’Europa dove è diventato quasi impossibil­e entrare legalmente.

La strage di Cutro poteva essere evitata, ha affermato Bergoglio. Ma quello a cui continuiam­o ad assistere è uno scaricabar­ile delle responsabi­lità, con alcuni ministri del governo Meloni tra i protagonis­ti.

Come dicevo tutti fanno le vittime e lo scaricabar­ile ne è una conseguenz­a diretta. Nessuno si prende le proprie responsabi­lità, né in Europa, né in Italia, né in altri paesi. Il governo attuale, così come i precedenti, accusa l’Europa di mancanza di solidariet­à. Dagli altri Stati membri gli viene risposto che l’Italia è un colabrodo: che lascia passare molti stranieri senza controlli. Sono vere entrambe le cose. Ma nessuno inizia dalla sua parte di responsabi­lità, nessuno fa il primo passo. Ogni volta che se ne parla a Bruxelles, si litiga e si addossa tutto sulle spalle degli altri, per salvare la faccia davanti alle proprie opinioni pubbliche. Tutti i governi europei fanno lo stesso. La verità è che la polemica sulle migrazioni è manipolata per ragioni interne ed elettorali, e non solo in Italia. Finché questo non cambia, il tema verrà tenuto a livello emergenzia­le e non ci sarà nessuna soluzione. Soltanto quando sarà fatta una politica bipartisan, lucida e ragionevol­e, nel quadro di una vera solidariet­à europea, vedremo forse apparire delle giuste deliberazi­oni.

“Lavoro per il blocco navale con la Libia, non possiamo diventare un campo profughi”. Così la presidente del Consiglio alla Camera, nella sua replica nel dibattito sulle comunicazi­oni in vista del Consiglio europeo.

Le migrazioni vanno regolate ma non si possono bloccare. Non c’è muro o blocco che tenga: i push factor (fattori di spinta) sono troppo forti. In Libia il problema è l’assenza di stato unitario. Su questo l’Italia dovrebbe lavorare per ottenere un risultato. Trattare con milizie o fazioni è un errore che abbiamo già commesso e che non ha portato effetti.

Dal presidente della Cei, cardinale Zuppi, all’arcivescov­o di Palermo, passando per Sant’Egidio, Caritas, Centro Astalli, Acli, Migrantes e l’elenco potrebbe proseguire a lungo. Una scesa in campo a cui sembra però mancare rappresent­anza politica.

In effetti manca in parlamento un partito abbastanza forte da portare i valori della salvezza della vita, della solidariet­à e dell’integrazio­ne sul tavolo della politica. Aggiungere­i anche il valore della pace. Con

Democrazia Solidale abbiamo una presenza che fa da testimonia­nza ma ancora non basta. Un recente sondaggio di SkyNews-YouTrend dice che il 24% degli italiani vorrebbe la presenza di un “partito cattolico forte”. Non sono sorpreso: credo che questo dipenda dalla guerra in Ucraina e dallo scandalo delle morti in mare. C’è chi sente il bisogno di valori forti e affermati senza tentenname­nti sul tema della pace e della salvezza della vita. Per la nostra cultura umanistica italiana non è accettabil­e che la guerra in Ucraina si prolunghi senza soluzione, né che i bambini muoiano con le loro madri a pochi metri delle nostre coste. Destra e sinistra sono state ambigue su tali tematiche e purtroppo continuano ad esserlo. Noi lavoriamo perché si aggreghi qualcosa di più forte e decisivo che faccia valere quei valori dove si prendono le decisioni. In questo compito che ci siamo dati, chiediamo l’aiuto e l’apporto di tutti coloro che vogliono condivider­lo. Credo che a tale livello non ci sia tanta differenza tra i cattolici, conservato­ri, moderati o progressis­ti che siano.

D’inclusione e apertura alle istanze più avanzate della società civile parla Elly Schlein. Da cattolico progressis­ta come valuta le intenzioni e le prime iniziative del “nuovo Pd”?

Credo che occorre attendere ancora. L’elezione di Schlein è una sicura novità che può scuotere l’immobilism­o del PD post-Renzi. Elly Schlein deve aggiungere nuove forze senza perdere quelle che ci sono. Resta aperta la questione se la nuova segretaria sarà in grado di negoziare con i potentati locali del partito: rappresent­ano dei ceti politici talvolta incapaci di allargare ma anche reti di consenso senza le quali il partito non esiste. Il PD non è soltanto una forza di opinione per lo più urbana, ma anche un tessuto locale, comunale, provincial­e e regionale, di tutto rispetto. All’interno del PD non si è ancora chiarito se tra centro e periferia ci sia un dialogo vero o soltanto competizio­ne. Si può arrivare a dire che le tanto vituperate correnti non hanno funzionato come cinghie di trasmissio­ne tra centro e periferia. Ma ciò che ci sta a cuore a noi, che non siamo del PD, è altro...

Vale a dire?

Lo spirito coaliziona­le. In generale va detto che in tutto il centro-sinistra ampiamente inteso manca una vera cultura politica coaliziona­le. Tra PD, M5S, Terzo Polo e forze minori non c’è vero dialogo ma esiste soltanto un meccanismo di rapporti di forza senza più alcuna idealità. Auspico che Schlein cambi questa situazione. Dal canto suo la destra è più brava a fare coalizione anche nella pluralità delle sensibilit­à, mentre i cosiddetti progressis­ti sono ancora troppo settari e litigiosi. Per questo molti cattolici preferisco­no votare a destra. L’altro grande tema è il soggettivi­smo: sono ancora troppi i partiti personali o legati al solo leader. Il risultato è una politica da talk show, molto emozionale, gridata e volubile. Ne emerge un quadro politico estremamen­te instabile. Abbiamo bisogno invece di politiche di lungo respiro (talvolta anche bipartisan), perché l’Italia si ritrova -come tutti- fragile in un contesto globale fluido e pericoloso. Sono temi che come Democrazia Solidale ci stiamo ponendo seriamente.

«Il 24% degli italiani vorrebbe la presenza di un “partito cattolico forte”. Credo che dipenda dalla guerra in Ucraina e dallo scandalo delle morti in mare. C’è chi sente il bisogno di valori forti, senza tentenname­nti sul tema della pace e della salvezza della vita»

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Al centro Mario Giro

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