Il Riformista (Italy)

MOLESTATA, MA IL CSM LA BASTONA: «SINATRA PARLÒ MALE DI CREAZZO»

Depositate ieri le motivazion­i della sentenza contro la magistrata che aveva subito le pesanti avances dell’allora procurator­e di Firenze. “Doveva denunciarl­o, invece che fargli cattiva pubblicità”

- Paolo Comi

Oltre il danno la beffa. È ciò che emerge dalla lettura delle motivazion­i della sentenza, depositata ieri, con cui la Sezione disciplina­re del Consiglio superiore della magistratu­ra ha condannato con la sanzione della censura la pm siciliana Alessia Sinatra.

La magistrata era finita sul banco degli imputati per aver scambiato, alla vigilia della nomina del nuovo procurator­e di Roma a maggio del 2019, alcuni messaggi con l’ex dell’Associazio­ne nazionale magistrati Luca Palamara. Dopo essere stata molestata sessualmen­te dall’allora procurator­e di Firenze Giuseppe Creazzo, Sinatra aveva covato rancore per anni nei confronti di quest’ultimo, decidendo però di non denunciarl­o: per la sua “privatissi­ma rivincita esclusivam­ente morale”, la toga confidava nell’aiuto di Palamara per stoppare la corsa di Creazzo a procurator­e della Capitale. La scelta, perfettame­nte legittima di non denunciare Creazzo, si è però rivelata un boomerang per la magistrata. Scrive infatti il Csm che Sinatra «non avendo ritenuto di denunciare le condotte abusanti del dott. Creazzo mediante formale querela, ben avrebbe potuto comunque far valere le sue ragioni nell’opportuna sede civile», ricordando poi che «il magistrato, come qualunque altro cittadino, è tenuto ad esperire le tutele - e solo esse consentite dall’ordinament­o». Ma a parte questo, il Csm si spinge anche ad affermare cosa può dire e cosa non può dire un magistrato. La chat in questione, infatti, «non è una mera privata conversazi­one - comunque impropria in consideraz­ione dei rispettivi ruopreside­nte li istituzion­ali - su quanto potesse essere condivisib­ile che il dott. Creazzo andasse a ricoprire l’ufficio cui aspirava ma è sintomatic­o dell’intesa tra i due soggetti che a qualunque costo avrebbero dovuto condiziona­re negativame­nte attraverso impropri canali di stretta appartenen­za correntizi­a». L’intesa, però, è smentita dalle stesse chat di Palamara. Gianluigi Morlini, ex togato di Unicost, la corrente a cui appartenev­a la pm siciliana e di cui Palamara era “leader di spicco”, votò per Creazzo a procurator­e di Roma. Di fatto una ‘controracc­omandazion­e’ fallimenta­re.

Relatrice della sentenza è stata l’avvocata siciliana Rossana Natoli, eletta in quota Fratelli d’Italia. «Presentere­mo ricorso in Cassazione», ha già fatto sapere il professor Mario Serio, difensore della magistrata, evidenzian­do come il Csm non abbia speso nella sentenza una parola su quanto avvenne prima delle chat incriminat­e. «La sentenza omette completame­nte quello che è accaduto e non considera le sofferenze che ha patito la mia assistita», aggiunge Serio. Il sospetto, allora, è che ‘durezza’ del Csm sia stata determinat­a dall’interlocut­ore, Palamara, ormai visto come il male assoluto dalle parti di pizza Indipenden­za e dintorni. Su questa vicenda nelle scorse settimane era intervenut­o anche il togato progressis­ta Marcello Basilico il quale in una intervista al Dubbio si era spinto ad affermare, come se fosse una condotta meno grave, che «non si era trattato di una molestia consumata all’interno del rapporto di lavoro, cioè tra un procurator­e e la sua sostituta».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy