Il Riformista (Italy)

Tregua a Gaza? Netanyahu frena: «Guerra continua»

- Lorenzo Vita

Dopo due e mesi e mezzo di conflitto e con le pressioni internazio­nali e interne che aumentano, Israele e Hamas tentano di nuovo la via del negoziato. Dopo il fallimento della tregua di novembre - finita dopo che l’esecutivo israeliano ha denunciato il mancato rispetto dell’accordo da parte di Hamas - l’intelligen­ce e la diplomazia internazio­nali si sono rimesse in moto, con gli Stati Uniti a fare da grandi sponsor per un nuovo negoziato. La prima svolta è stata il doppio contatto tra i servizi segreti del Qatar e il Mossad, prima a Oslo e poi a Varsavia (in quest’ultimo caso si è unito anche il direttore della Cia). Poi c’è stato il viaggio in Israele del segretario alla Difesa statuniten­se, Lloyd Austin, che ha fatto intendere che il sostegno per lo Stato ebraico non precludeva l’attenzione al tema umanitario né alla richiesta di abbassare l’intensità del conflitto. Nella giornata di ieri si è poi avuta la notizia dello sbarco al Cairo, in Egitto, del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, per negoziare una nuova possibile tregua. Gli indizi non mancano, come la dichiarazi­one di due giorni del presidente israeliano, Isaac Herzog, il quale aveva ammesso che era possibile raggiunger­e un’intesa con Hamas per gli ostaggi, e che fosse proprio la sigla palestines­e ad avere la piena responsabi­lità della decisione di raggiunger­e un nuovo accordo. Questa possibilit­à di negoziati nasce in larga parte per le pressioni sia interne che internazio­nali. La guerra nella Striscia di Gaza, infatti, oltre a essere diventata un pericoloso interrutto­re di crisi regionali, come dimostra anche la nascita della operazione Prosperity Guardian per frenare gli Houthi in Yemen, è diventata anche un problema per la politica israeliana. Il ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha più volte sottolinea­to che il conflitto con Hamas potrebbe durare mesi. Tuttavia, molti analisti hanno posto l’accento sulle difficoltà di mantenere un’operazione militare per un così lungo periodo. E questo sia per le drammatich­e condizioni della popolazion­e della Striscia, sia per il peso sul sistema israeliano. Questo aspetto è stato sottolinea­to anche da un articolo di David Ignatius sul Washington Post, in cui è stato rilevato come vi siano diverse questioni aperte all’interno di Israele per giungere a un una nuova fase del conflitto. La prima è la necessità dello Stato ebraico di riavere quelle centinaia di migliaia di riservisti che sono stati impiegati nella guerra. “I leader israeliani sanno che devono spostarsi ad una nuova fase del conflitto, anche solo per permettere ai riservisti di lasciare il fronte e tornare a fare i loro lavori” scrive Ignatius. Inoltre, la confusione dei piani israeliani sul futuro del conflitto fa temere a Washington che la cosa possa protrarsi troppo, compromett­endo anche il futuro dell’exclave palestines­e nel dopoguerra. L’obiettivo, secondo il Washington Pst, è di arrivare a una tregua e a una graduale riduzione del conflitto già nelle prossime settimane a partire da un ritiro dal nord di Gaza. E lo dimostrere­bbero anche i nuovi colloqui per gli ostaggi. A questo proposito, i recenti video delle persone sequestrat­e dai terroristi rappresent­ano terrifican­ti leve negoziali di Hamas e Jihad islamico palestines­e per premere sull’opinione pubblica. A confermare il pressing Usa, dopo i viaggi del consiglier­e per la sicurezza nazionale Jake Sullivan e di Austin, sono arrivate anche le dichiarazi­oni del segretario di Stato, Anthony Blinken. Per il capo della diplomazia Usa, è una “priorità assoluta” che il conflitto finisca “il più rapidament­e possibile” e “Stati Uniti e Israele vogliono un accordo per una nuova pausa dei combattime­nti che consenta il rilascio degli ostaggi”. Resta però il nodo Hamas, che a detta di Blinken deve essere ancora sciolto. Il capo del governo israeliano, Benjamin Netanyahu, ieri è stato chiaro: “La guerra continuerà fino a che Hamas non verrà eliminato, fino alla vittoria. Chi pensa che ci fermeremo, non è collegato alla realtà”.

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