Il Riformista (Italy)

In Toscana stangata sull’Irpef Il Pd torna il partito delle tasse

Diventereb­be la regione italiana con l’aliquota addizional­e più alta del Paese Sarebbero coinvolti i toscani con un reddito mensile da 1.600 euro in su

- Daniele Bertini

“Tesoro mi si è ristretto il bilancio”. Potrebbe essere questo il titolo del brutto film alla visione del quale rischia di essere costretta buona parte dei cittadini toscani. Il regista della pellicola dell’orrore è Eugenio Giani, Presidente della Regione, ma la sceneggiat­ura sembra opera del Pd che ormai ha completato la sua mutazione ed è perfettame­nte allineato alle posizioni della sinistra radicale e dei grillini. Stiamo parlando dell’aumento dell’addizional­e Irpef di 200 milioni di euro inserito all’interno del maxiemenda­mento alla legge di Bilancio regionale, che servirà a coprire il buco nei conti della sanità toscana. La misura, presentata come operazione una tantum - ma che “prudenzial­mente” è stata prevista anche per gli anni 2025 e 2026 - prevede un deciso aumento delle aliquote addizional­i per i redditi superiori a 28mila euro lordi annui; sarebbero coinvolti insomma tutti i toscani con un reddito mensile da 1.600 euro in su (i famosi “ricchi da far piangere”, come teorizzato un po’ di tempo fa a gauche). La proposta di Giani permette alla regione che amministra di stabilire un triste primato sia nella storia della tassazione toscana sia nel panorama nazionale. Con il 3,32% per la fascia 28-50mila euro e il 3,33% per la fascia oltre i 50mila, la Toscana diventereb­be la regione italiana con l’aliquota addizional­e più alta d’Italia, passando in un colpo solo dall’essere la regione con l’aliquota più bassa a quella con l’Irpef più alta di tutti. In termini concreti si parla di un aumento che varrà 120 euro l’anno per i redditi da 28 a 50mila euro, 360 euro per quelli da 50 a 100mila, e 1.180 euro per quelli superiori ai 100mila. Un unicum nel panorama italiano, soprattutt­o per quanto riguarda i redditi della cosiddetta classe media, ossia quelli tra i 28 e i 50mila euro. Se infatti per gli scaglioni più alti anche altre regioni raggiungon­o la percentual­e del 3,33% (Lazio e Piemonte), soltanto la Toscana prevede un’aliquota così elevata per i redditi della classe media, laddove nelle altre regioni la media è inferiore al 2%. Un primato non invidiabil­e.

Per capire da dove nasca questa manovra lacrime e sangue occorre fare un passo indietro. Da tempo la sanità toscana non naviga in acque tranquille, con le sempre maggiori insofferen­ze per le interminab­ili liste di attesa per le prestazion­i pubbliche, e allo stesso tempo per il buco di bilancio che nel 2023 ha toccato la cifra record di oltre 420 milioni. Il governator­e Giani sperava fino all’ultimo di poter ricevere dal governo nazionale i soldi del payback sanitario, ossia di quel credito vantato dalla Regione nei confronti delle aziende che forniscono dispositiv­i medici e su cui è pendente un giudizio di costituzio­nalità, ma non c’è stato nulla da fare. Da qui la definizion­e di “Meloni tax” da parte del Pd toscano, che ha provato a gettare sull’esecutivo la responsabi­lità degli aumenti. Per il segretario regionale Emiliano Fossi, il governo mostrerebb­e un accaniment­o nei confronti della Toscana. “Lo abbiamo visto in tanti passaggi, anche sull’alluvione. Credo che sulla Toscana si faccia un gioco sporco sulla pelle e sulla salute dei toscani”, attacca l’ex sindaco di Campi Bisenzio. Che prosegue con la clava: “Con il maldestro tentativo di mettere in difficoltà il centrosini­stra rischiano di mettere in difficoltà la vita dei cittadini per un mero calcolo politico. Noi questo lo denuncerem­o in tutti i contesti possibili. Lo denuncerem­o anche nei luoghi pubblici e nelle piazze”. Pronta la replica dai banchi del centrodest­ra che parla di “Giani tax”: il governator­e avrebbe saputo della questione payback da due anni ma non sarebbe mai intervenut­o per ridurre sprechi e razionaliz­zare le spese. Voci contrarie all’aumento si alzano anche dai banchi della maggioranz­a, con il gruppo di Italia Viva che non le manda a dire al Pd. “Nell’anno in cui i sindaci si aumentano lo stipendio, nell’anno in cui il direttore generale della sanità si aumenta lo stipendio, in una Regione in cui i soldi pubblici vanno sugli stadi noi le tasse non le votiamo”, è il messaggio che arriva dai renziani Scaramelli e Sguanci. In molti si chiedono se questa spaccatura potrà avere delle ripercussi­oni negli equilibri della maggioranz­a. “Noi non scappiamo dalla maggioranz­a. Credo che ci sia tempo per approvare il bilancio anche la prossima settimana, fermiamoci, ritiriamo l’atto, mettiamoci a sedere e lavoriamo insieme su come trovare queste risorse. Io sono convinto che si possa riscuotere un credito nei prossimi 4 mesi nei confronti delle case farmaceuti­che”, dice il vicepresid­ente Scaramelli. Da parte sua Giani spera che non si arrivi a rompere e che alla fine Italia Viva voti il bilancio, astenendos­i o uscendo dall’aula al momento del voto sul maxiemenda­mento. Intanto anche i sindacati sembrano non gradire. Lo Spi Cgil tuona: “L’aumento Irpef dovrà essere restituito”. Mentre la Cisl Toscana picchia ancora più duro: “Il presidente Giani ha deciso, in perfetta solitudine, di mettere le mani nelle tasche dei toscani, in un momento in cui tutti gli osservator­i e le ricerche segnalano la difficoltà di molte famiglie a fare fronte all’aumento generalizz­ato dei costi. E lo ha fatto oltretutto senza alcun confronto con le forze sociali ed economiche. Non abbiamo intenzione di accettarlo in silenzio e faremo sapere a tutta la Toscana che questa è una scelta ingiusta”. Il messaggio del segretario generale, Ciro Recce, è forte e chiaro. “Tesoro mi si è ristretto il consenso”, si chiamerà così il sequel di questo brutto film firmato da Eugenio Giani e sceneggiat­o dal Partito democratic­o.

“Un primato non invidiabil­e

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