Il Riformista (Italy)

Sì, è un trattato irriformab­ile che meriterebb­e una decente sepoltura

- Alberto Bagnai

Non vorrei deludere i lettori del Riformista, né il suo direttore, che ha avuto la cortesia di ospitarmi, ma temo proprio che il MES sia un trattato irriformab­ile, per motivi oggettivi e soggettivi. Ricordiamo intanto che il MES non è un’istituzion­e unionale: il Trattato sul funzioname­nto dell’Unione Europea afferma all’art. 136 comma 3 che “gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità”. Si tratta di una facoltà, non di un obbligo, e quindi una UE senza MES è perfettame­nte possibile. Al contempo, lo stesso articolo dà al MES regole di ingaggio estremamen­te rigide: “La concession­e di qualsiasi assistenza finanziari­a necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condiziona­lità”. Quello di subordinar­e i prestiti a condizioni rigide è un obbligo, non una facoltà, e quindi un MES senza austerità non è possibile. Non a caso la riforma provvidenz­ialmente bocciata dal Parlamento italiano inseriva fra i requisiti di accesso ai finanziame­nti precauzion­ali del MES proprio le regole di austerità deprecate da tutti, fautori della riforma inclusi! In particolar­e, la “regola del ventesimo”, che per l’Italia comportere­bbe aggiustame­nti al ribasso del debito dell’ordine di oltre 80 miliardi l’anno.

Siamo tutti convinti che il debito pubblico italiano vada ricondotto a dimensioni più gestibili: abbiamo però anche visto (e qualcuno aveva anche previsto) che tentando di farlo con troppa incisività si peggiora la situazione, abbattendo il Pil più del debito. La riforma del MES non risolveva ma aggravava questo problema. L’altra novità rilevante della riforma era l’impiego del MES come meccanismo di sostegno in caso di crisi bancarie. Qui forse andrebbe ricordato qualche ordine di grandezza. Non più tardi del marzo scorso il governo svizzero aveva scucito l’equivalent­e di 115 miliardi di euro per salvare Crédit Suisse, la diciassett­esima banca europea in termini patrimonia­li. Potremmo leggere questo episodio come la conferma che il diciassett­e è un numero sfortunato: preferisco leggerlo come dimostrazi­one del fatto che nel caso di una crisi sistemica i fondi del MES sarebbero insufficie­nti ad arginare il contagio finanziari­o. L’unica àncora di salvezza sarebbe il ricorso alla Banca Centrale Europea e alla sua illimitata capacità di creazione di moneta, quella che abbiamo visto all’opera anche durante la crisi pandemica. Non è la teoria di uno squinterna­to sovranista: è quello che si legge nel primo rapporto semestrale 2023 del Comitato di risoluzion­e unico, agenzia indipenden­te dell’UE. Alla luce di questa evidenza, più che uno strumento per la risoluzion­e delle crisi, il MES “riformato” appariva come uno strumento di redistribu­zione dei risparmi: dall’Italia, le cui banche sono sane, ad altri Paesi le cui banche sono un po’ chiacchier­ate. La conclusion­e è che il MES meriterebb­e una decente sepoltura. Ma se questa parola di verità venisse detta, una burocrazia onnipotent­e e sovrapagat­a dovrebbe rinunciare ai propri privilegi. Le siamo umanamente vicini nel suo desiderio di resistere a questo esito infausto per lei, ma siamo convinti che la razionalit­à prima o poi prevarrà: il fondo sarà liquidato, e i suoi soldi, che sono pochi per affrontare una crisi sistemica, ma troppi per essere lasciati inoperosi in una sorta di “fortezza Bastiani” finanziari­a, torneranno agli Stati membri, per essere destinati a impieghi più produttivi.

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