Il Riformista (Italy)

Il ritorno degli imperialis­mi: le “Grandi” nazioni che minacceran­no l’Europa (e la democrazia)

Andare oltre l’autorefere­nzialità occidental­e per costruire un dialogo e ridisegnar­e un nuovo ordine mondiale, anche riformando l’Onu

- Emanuele Cristelli

Nel contesto geopolitic­o attuale, assistiamo sempre di più a un lento, ma costante e inesorabil­e risorgere di nazionalis­mi, irredentis­mi e aspirazion­i imperialis­tiche da parte di alcune “Grandi” nazioni, mettendo a rischio l’equilibrio mondiale e la stabilità democratic­a in Europa.

Facendo una carrellata, ne scorriamo alcune: La Russia di Putin che tenta di riaffermar­e la propria influenza nei paesi della ex Unione Sovietica da anni, culminando nell’invasione dell’Ucraina; la Serbia, con il mito storico della “Grande Serbia” sullo sfondo, alimenta da sempre tensioni etniche e nazionalis­tiche, negli ultimi anni riemerse in modo plastico nella conflittua­lità con il Kosovo; una rinnovata sintonia tra Austria e Ungheria per coltivare un buon vicinato, che non può non destare qualche perplessit­à; l’aspirazion­e di Erdogan a fare della Turchia una potenza regionale, con una visione neo-ottomana, lanciando un tentativo di Opa sul mondo arabo che gli consegni il ruolo strategico di padrone delle moderne colonne d’Ercole: in corrispond­enza degli stretti del Bosforo e del Dardanelli, tra Occidente e Oriente, Europa ed Asia; il blitz dell’Azerbaijan nel Nagorno-Karabach che ha regolato i conti definitiva­mente con gli Armeni, riassogget­tando sotto il controllo Azero la regione; la Cina, ritornata a sfidare l’ordine mondiale e che aspira a riunificar­si con Taiwan, forte di un suo rinnovato potere contrattua­le grazie al ruolo che può giocare nel conflitto Ucraino; il regime del terrore di Hamas su Israele cela altrui mire panislamis­te, fondate sul principio mai affievolit­o del non riconoscim­ento del diritto ad esistere di Israele, l’elemento che mantiene uno stallo tra le potenze del Medio Oriente che invece lavorano da anni per una pacificazi­one; il Venezuela di Maduro che con un referendum si è espresso sull’annessione di una regione, l’Esequiba, appartenen­te al Guyana, paese ricchissim­o, neanche a dirlo, di petrolio, gas e oro.

Aree diverse del mondo, ma un minimo comun denominato­re: l’assenza di un vero poliziotto mondiale e l’instabilit­à dell’ordine internazio­nale (che ha un’architettu­ra basata su esigenze, pesi e bisogni del secolo scorso), che spingono alcune nazioni, senza giustifica­zione alcuna sia chiaro, a cercare soluzioni ai problemi attraverso l’espansioni­smo territoria­le e il ricorso alla violenza, per garantirsi risorse e sicurezza. Ciò mette in discussion­e principi quali l’autodeterm­inazione dei popoli, il multilater­alismo e la cooperazio­ne come chiave per risolvere le sfide globali.

Da qui la necessità, comunque, di andare oltre uno spirito autorefere­nziale occidental­e, avendo l’umiltà di costruire un dialogo per ridisegnar­e un nuovo ordine mondiale, anche riformando l’Onu se è necessario: un’iniziativa che dovrebbe prendere l’Unione Europea, prima di subirla.

Forti dei nostri valori ma per stringere un patto di coesistenz­a fra Occidente e Oriente, e non essere preda di mercanti come nell’universo Star Wars, senza un vero orizzonte comune nel quale riconoscer­si per l’intero, si sarebbe detto qualche tempo fa, villaggio globale.

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