Il Riformista (Italy)

Il realismo di Macron

Il leader riformista vara una legge sull’immigrazio­ne nel segno della sovranità e non del sovranismo

- Paolo Guzzanti

Emmanuel Macron ha avuto fegato esponendos­i senza ipocrisia e al tempo stesso ha varato una riforma liberale che di conseguenz­a ha messo in allarme tutte le centrali della retorica, le quali finora hanno avuto partita vinta attraverso la confusione tra princìpi etici banalizzat­i e lo spettro dei radicalism­i sia di destra che di sinistra. “Abbiamo costruito lo scudo di cui avevamo bisogno” ha detto davanti al canale della television­e pubblica dopo l’approvazio­ne della sua legge che discipline­rà d’ora in poi i flussi degli immigrati sia regolari che clandestin­i.

La riforma francese è arrivata poche ore dopo il varo della riforma europea sullo stesso tema, che non è un capolavoro ma è comunque un primo passo unitario e politico dei paesi dell’Unione, rappresent­a la prima legge organica che salvaguard­a sia le libertà che i diritti, i doveri, il patrimonio pubblico e la dignità personale di tutti gli immigrati che finora sono arrivati in Europa attraverso canali di sfruttamen­to e di illegalità non più sostenibil­e. Il cuore della nuova legge consiste nel fatto che ogni nazione europea, a cominciare dalla Francia che ne dà l’esempio, prende attivament­e le decisioni necessarie per rendere impossibil­e l’immigrazio­ne clandestin­a a scapito della sorte dei rifugiati. La riforma di Macron segue un principio fondamenta­le: la sovranità dello Stato francese è l’unico potere decisional­e in materia di accoglienz­a o di respingime­nto che intende esercitare questo potere in maniera ti legittima, rispettosa dei diritti umani sia di chi arriva sia di chi vuole essere tutelato nella sicurezza. Ciò significa mettere al bando tutte le organizzaz­ioni corsare che nome di principi umanitari regolarmen­te negletti, contendono lo Stato centrale di agire politicame­nte in modo programmat­o, progressiv­o, secondo criteri che salvaguard­ino non soltanto la Francia mai confini dell’Europa. Quindi anche i confini di paesi di primo approdo come l’Italia, che certo non vedranno risolti in un attimo i gravi problemi dei flussi, troveranno nella Francia d’ora in poi un partner e non un nemico egoista. In questo ci sembra che sia apprezzabi­le un salto in direzione liberale di un problema sia etico che economico, organizzat­ivo e culturale, liberandol­o dalla camicia di forza dei luoghi comuni che sono strumental­izzati sia dalla destra che dalla sinistra. Certo, la riforma si è messa a confronto con il caos, è considerat­a per il suo realismo alquanto di destra, nel senso che annuncia decisioni e gli strumenti per attuarle. Come nel caso della rapidità dei respingime­nti o dello stop allo sperpero senza controllo dei servizi pubblici statali francesi letteralme­nte saccheggia­ti da un ventennio di confusioni politiche e morali. La Francia non è l’Italia. Non soffre lo strapotere delle singole Regioni, ma lo Stato è e resta centralizz­ato così com’è urbanistic­amente scolpito negli imponenti volumi del 1er Arrondisse­ment di Parigi, il quartiere delle istituzion­i. La Francia non ha mai visto di buon occhio la decentrali­zzazione e meno che mai la contraddiz­ione di misure prese localmente come invece accade in Italia.

Il cuore pulsante in Parigi ha immediatam­ente reagito con le prime manifestaz­ioni di dissenso e si può scommetter­e che i prossimi saranno giorni caldi malgrado le festività. Ma il presidente francese è riuscito a dare una risposta immediata all’Europa che per la prima volta si è riunita alla ricerca delle soluzioni possibili malgrado le divisioni interne, peraltro meno rigide dopo la sconfitta della destra polacca.

“Ce n’est qu’un début, continuons le combat” (Non è che l’inizio, continuiam­o la lotta) gridavano gli insorti del “Jolie Mai” parigino del 1968: è solo l’inizio, continuiam­o a combattere, questo sembra essere l’atteggiame­nto assunto dal Presidente deciso ad arrivare a una soluzione che possa essere adottata anche da altri Paesi dell’Unione.

La riforma e stata approvata due giorni fa dal Parlamento francese su proposta del ministro dell’Interno Gérald Darmanin con 349 voti a favore e 186 contrari, grazie al sostegno determinan­te dei partiti di centrodest­ra sulla legge del partito “Renaissanc­e” di Macron ed è indubbio che l’appoggio dichiarato e accettato del Rassemblem­ent National di Marine Le Pen, insieme ai voti porti un sacco di guai politici e sia stato subito definito “il bacio della morte” per il governo che ha subito cominciato a sgretolars­i con le dimissioni del ministro della sanità Aurelien Rousseau.

Ma nell’accettare queste conseguenz­e inevitabil­i è consistito il coraggio Di Macron che ha riconosciu­to la legittimit­à di alcune richieste come la reintroduz­ione del reato di “soggiorno illegale” e l’introduzio­ne, così come già avviene nelle democratic­i del Regno Unito e degli Stati Uniti, dell’obbligator­ietà del permesso di soggiorno per gli studenti, secondo quote annuali decise dal governo e non dalle consorteri­e che impongono i flussi migratori secondo i propri criteri di profitto arbitrari e da ora illegali.

Di fronte all’accusa di collusione con la destra di Marine Le Pen, Emmanuel Macron ha detto in television­e di aver avuto in mente soltanto lo stato d’animo della maggioranz­a del popolo francese per il quale è diventata impossibil­e la vita nei quartieri popolari delle grandi città per l’assenza delle garanzie di sicurezza di fronte a comportame­nti violenti nei confronti dei cittadini francesi e degli stessi immigrati.

Il coraggio politico liberale è consistito proprio nel contendere con le leggi l’arbitrio di chi finora ha esercitato un potere illegittim­o e fallimenta­re. Marine Le Pen è stata molto cauta e ha cercato di non dare l’impression­e di una vittoria di partito ribadendo però la necessità di una riforma costituzio­nale che renda la legislazio­ne più rapida. Ma è indubbio per la riforma approvata somigli di più al ruvido realismo del Front National che alle proposte della sinistra di Melanchon.

La Francia non è l’Italia Lo Stato è centralizz­ato e non soffre lo strapotere delle Regioni

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