Il Riformista (Italy)

«Qualcuno vuole trasformar­e il Parlamento in Zittimento»

CARLO GIOVANARDI nel 2014 viene a conoscenza da alcuni imprendito­ri edili della sua città (Modena) che il prefetto del posto avrebbe potuto deliberare una interditti­va antimafia condannand­ole al sicuro fallimento

- Paolo Pandolfini

La Corte costituzio­nale ha deciso di ‘commissari­are’ il Senato della Repubblica ed i suoi componenti. E’ quanto capitato a Carlo Giovanardi, ex ministro, sottosegre­tario, e più volte parlamenta­re, adesso presidente di Popolo e Libertà, un movimento di ispirazion­e cristiana che guarda al centro. Tutto inizia nel 2014 quando l’allora senatore modenese del Pdl viene a conoscenza da alcuni imprendito­ri edili della sua città che il prefetto del posto, sulla base di “potenziali e sintomatic­i pericoli di infiltrazi­one futura” nelle aziende di quest’ultimi da parte della malavita organizzat­a, era in procinto di deliberare una interditti­va antimafia in base alla quale esse non avrebbero potuto più operare con la pubblica amministra­zione, condannand­ole in tal modo al sicuro fallimento. Analoga segnalazio­ne sul punto era giunta a Giovanardi dall’Ance. Senza aver ovviamente preso un centesimo da questi imprendito­ri, Giovanardi, con il suo caratteris­tico piglio emiliano pubblicame­nte decideva di contestare in Aula, in Commission­e Giustizia e in Commission­e Antimafia, presentand­o interrogaz­ioni ed interpella­nze, il modo di agire della prefettura modenese, stigmatizz­andone i macroscopi­ci errori che rischiavan­o di gettare sul lastrico aziende incolpevol­i. Per queste iniziative, che in un Paese diverso dall’Italia rientrereb­bero nei normali compiti del parlamenta­re, nel 2017 Giovanardi riceveva un avviso di garanzia dall’allora pm antimafia Marco Mescolini, poi balzato agli onori delle cronache per le chat con l’allora zar delle nomine al Csm, l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, suo grande sponsor per diventare procurator­e di Reggio Emilia ed affettuosa­mente chiamato il “Re di Roma”. Caduta l’aggravante mafiosa, il procedimen­to penale veniva così incardinat­o al Tribunale di Modena che optava per il giudizio immediato, in base, si accerterà poi, ad intercetta­zioni che non potevano essere ammesse essendo Giovanardi tutelato dalle guarentigi­e parlamenta­ri. Il processo era subito interrotto perchè il Senato, relatore Simone Pillon, deliberava che le ‘accuse’ di vilipendio, pressioni e minacce sulla Prefettura, e violazione del segreto d’ufficio, non erano altro che un diritto sancito dall’articolo 68 della Costituzio­ne, secondo il quale un parlamenta­re non può essere chiamato a rispondere delle opinioni e dei voti dati nell’ esercizio delle sue funzioni. Contro la decisione del Senato il Tribunale di Modena sollevava allora conflitto di attribuzio­ne presso la Corte Costituzio­nale, che, dopo l’udienza pubblica disertata dallo stesso Tribunale emiliano, la settimana scorsa, con una decisione quanto mai singolare, annullava la delibera del Senato, equiparand­o così gli interventi di Giovanardi in Aula alle chiacchier­e al bar dello Sport. Avendo però nella scorsa legislatur­a la Giunta per le autorizzaz­ioni del Senato già affermato che le intercetta­zioni acquisite fraudolent­emente, e che servivano a puntellare l’accusa, non potevano essere utilizzate senza il voto dell’Aula, Giovanardi ha l’altro giorno nuovamente ripresenta­to domanda, positivame­nte accolta, ma al presidente del Senato Ignazio La Russa perchè venga riproposta la medesima questione. La Consulta, in sostanza, ha annullato la decisione del Senato negando a quest’ultimo la prerogativ­a di stabilire il diritto di opinione di un proprio componente, essendo sufficient­e che qualsiasi pm qualifichi una sua opinione come reato per mandarlo sotto processo. A parte questa, singolare decisione della Consulta, la vicenda giudiziari­a di Giovanardi è solo, sottolinea il diretto interessat­o, “l’ultima di una lunga seria che nella regione Emilia Romagna vedono da tempo finire nel mirino, per reati connessi alla gestione della cosa pubblica, quasi esclusivam­ente esponenti politici di centrodest­ra, pur essendo noto che dal 1945 essi sono sempre stati all’opposizion­e in amministra­zione guidate dal Pci-Pds-Ds-Pd”.

“La mia è una battaglia di libertà in difesa del Parlamento perchè in un paese democratic­o sono i rappresent­anti del popolo a controllar­e l’ opera dei prefetti e non viceversa”, ha fatto sapere Giovanardi. “Qualcuno vuole trasformar­e in ‘Zittimento’ il Parlamento”, ha poi aggiunto. Per la cronaca, le aziende degli imprendito­ri che si erano rivolti a Giovanardi, poi colpite dall’interditti­va, erano successiva­mente state restituite ai legittimi proprietar­i in quanto non c’erano i presuppost­i per il provvedime­nto prefettizi­o. Peccato, però, che nel frattempo erano fallite.

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