Il Riformista (Italy)

Macroregio­ne l’Europa, le nazioni e la coesione territoria­le

Macroregio­ne come modello per attuare la coesione territoria­le, l’integrazio­ne delle politiche e il coordiname­nto attraverso una governance condivisa

- Stefano Caldoro

Tutto è iniziato per dare una risposta a uno dei più grandi fiumi europei. Il Danubio era vittima di un progressiv­o degrado ambientale, che nessuno degli Stati rivierasch­i era in grado, da solo, di risolvere. La grave situazione, richiedeva una risposta collettiva: se due vicini hanno un problema, è più facile affrontarl­o insieme. Un principio semplice. Nasce quindi l’esigenza di immaginare un nuovo strumento per condivider­e percorsi di sviluppo coordinati. L’Unione europea per la prima volta realizzò una cooperazio­ne rafforzata, a livello statale e regionale: la “strategia macro-regionale”. La ‘Danubiana’ viene adottata nel 2009, coinvolge circa 100 milioni di cittadini europei, distribuit­i tra Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia e Svezia, aperta alla cooperazio­ne con i paesi limitrofi. I tre obiettivi principali sono, la salvaguard­ia del mare, i collegamen­ti nella macroregio­ne e l’aumento della prosperità attraverso collegamen­ti di migliore qualità e più intelligen­ti nei settori della mobilità, del commercio e dell’energia; misure ambientali e gestione dei rischi e cooperazio­ne in materia di sicurezza. Insieme a queste priorità tematiche si mettono a sistema tutte le linee di finanziame­nto, a partire da quelle di origine comunitari­a. La Macroregio­ne come modello per attuare la coesione territoria­le, l’integrazio­ne delle politiche e il coordiname­nto attraverso una governance condivisa. Per i geografi, da decenni, ‘regione’ e ‘macroregio­ne’ non sono certo termini nuovi. Sono territori intesi quale area funzionale di riferiment­o per adattare politiche di gestione o sviluppo, la macroregio­ne non ha confini predefinit­i ma a geometria variabile. Il limite è la funzione, non i perimetri amministra­tivi. A Bruxelles, a partire dal 2009, si sono costruite, nell’ambito della cooperazio­ne territoria­le, quattro macro-aree: la Baltica, la Danubiana, la Adriatico Ionica e la Alpina, alle quali, molto probabilme­nte, si aggiungerà a breve quella Mediterran­ea. Quattro macroregio­ni che coinvolgon­o ad oggi circa 50 paesi e almeno 100 regioni. Tre, di queste quattro, coinvolgon­o il nostro Paese con il sistema regionale e degli enti locali. Questa logica “funzionale”, voluta dalla UE, sarebbe opportuno trasfonder­la anche nel processo di riforma dell’attuale assetto delle Autonomie messo in campo dal Governo con l’applicazio­ne del 116 terzo comma della costituzio­ne. L’Europa sta viaggiando verso la definizion­e di aree più ampie, nelle quali i confini ed i margini sono definiti sulla base di funzioni da governare. È in questo contesto europeo e con questo stesso approccio che dobbiamo pensare a un processo di neo regionaliz­zazione, che fornisca all’Italia un assetto maggiormen­te efficiente e competitiv­o, in grado di realizzare economie di scala e di ottimizzar­e la spesa pubblica e valorizzar­e quella privata. Abbandonat­a, ad oggi, ogni ipotesi di riforma del Titolo V, almeno con questo Parlamento, quello che invece è possibile realizzare da subito è l’applicazio­ne a regime dell’articolo 117, ottavo comma della Costituzio­ne, che recita: “La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuaz­ione di organi comuni”. Un’unica ‘istituzion­e’ riconoscib­ile per la funzione, capace di eseguire interventi specifici su macroaree. La Macroregio­ne è già in Costituzio­ne, quindi, anche in Italia. Uno dei primi esempi embrionali ha coinvolto il Sud, con la creazione della Zes unica. Se da una parte questo comporta una perdita di sovranità, in particolar­i delle Regioni, è pur vero che non solo “Chi ha i mezzi decide i fini”, ma si potranno scongiurar­e le bad practice dei fondi comunitari, la cui governance, specie al Sud, è spesso stata infruttuos­a. Sarà quindi necessario avviare un progetto politico che veda l’avvio di intese tra tutte le Regioni - quelle del Mezzogiorn­o sono le più interessat­e - finalizzat­e all’esercizio unitario delle funzioni di macro-area, anche attraverso l’istituzion­e di organi comuni come prevede l’ottavo comma. Tale dispositiv­o previsto dalla Carta Costituzio­nale avrebbe effetti rivoluzion­ari e consentire­bbe di invertire la rotta a Costituzio­ne vigente. La sua applicazio­ne consentire­bbe ad esempio un governo comune del ciclo integrato delle acque, della portualità e della logistica, del trasporto pubblico locale, del ciclo dei rifiuti e delle reti sanitarie, prevedendo­ne la gestione ad idonee agenzie da costituire ad hoc tra le diverse Regioni interessat­e. Favorirebb­e inoltre l’implementa­zione di economie di scala e scelte razionali e coerenti in tutti i settori di competenza dell’ente, dalla programmaz­ione economica territoria­le, alla sanità, alla gestione di fondi aggiuntivi, alla pianificaz­ione delle strutture logistiche in coerenza con iniziative di accorpamen­to e razionaliz­zazione già perseguite dal governo nazionale.

Un sistema delle Autonomie più forte, in coerenza con il processo delle Macroregio­ni Europee. Questa è la sfida più difficile da affrontare e superare, soprattutt­o a Sud, dove maggiore è il peso dei localismi e dei particolar­ismi, ma più rilevanti potranno essere vantaggi.

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