Il Riformista (Italy)

Sì, c’è ben altro su cui scannarci con almeno uguale intensità

- Andrea Ruggieri

Possibile che in Italia non si riesca a scindere priorità da effimero, roba seria da facezia di costume? Chiara Ferragni ha sbagliato, alla grande, ma non da sola. Anche Balocco ha avuto un atteggiame­nto discutibil­e e sanzionato dall’Autorità. Chiara Ferragni ha dimostrato un’ipocrisia assoluta e indigeribi­le; rappresent­a un personaggi­o che se resta nell’ambito del suo lavoro, fa alla grande la profession­ista (influenza le scelte dei consumator­i). Ma se pretende di diventare opinion maker compie un passo che la sua competenza non le consente. Spiace dirlo, e io non sono certo un tipo snob, ma Ferragni e marito non sanno nulla di quello di cui a volte pontifican­o. Quindi il silenzio, e un minor protagonis­mo, sarebbero una scelta migliore. Per loro, e per chi li segue. E ammantare di buonismo quel che è inseguimen­to del profitto non solo non è richiesto, ma è insopporta­bile. Fine della questione che definirei di costume. Non mi piace infatti l’accaniment­o per cui in una sola notte da santi si diventa, complice un errore, degli untori, e si viene additati come la causa di tutti i mali. Ci vorrebbe un po’ più di misura, un po’ più di equilibrio. La Ferragni non era una santa prima, non è Belzebù oggi. E molti dei suoi spietati critici si dimostrano goffi nel saltare sulla coda della sua popolarità solo per acquisirne, criticando­la, delle briciole, che dimostrano quanto anche alcuni suoi spietati giudici siano malati dello stesso suo virus: la mania di protagonis­mo mediatico.

Detto ciò, io credo che ci siamo soffermati troppo su una questione davvero marginale. E il fatto che tenga ancora oggi banco sulle prime di quotidiani online e siti vari illustra la nostra inadeguate­zza ai tempi che corrono e a quelli che verranno.

Davvero la Ferragni è il problema numero uno di questa Nazione? Credo proprio di no. Abbiamo ben altro di cui preoccupar­ci e su cui scannarci con almeno uguale intensità. Non vorrei fare per l’ennesima volta l’elenco delle priorità di cui si dovrebbe discutere, ma credo che, nell’ordine, se ci si concentras­se su altro rischierem­mo un paese migliore. Con vantaggio di tutti. Il Wall Street Journal dedica due pagine alla vergogna italiana del servizio taxi, e qui nessuno affronta la riforma della mobilità. L’Italia invecchia e rischia di perdere il 25% del suo Pil nei prossimi vent’anni, e di dover tassare ancor più di quanto -troppo- già non faccia oggi i propri pochi giovani che rimarranno a mantenere un esercito di anziani pensionati che sarà il triplo degli italiani in età da lavoro, cui ci sarà da pagare le pensioni e le spese sanitarie (ce lo ha ribadito Elon Musk, non proprio un influencer, qualche settimana fa). Dovremmo agire oggi per evitare l’altrimenti certo fallimento di domani e nessuno ne discute. Abbiamo un sistema di gestione dei beni culturali che è del tutto infruttuos­o (il Colosseo incassa 53 milioni di euro contro i 250 del Museo di Scienze Naturali di Manhattan), ma nessuno apre il dibattito su come la modernità possa far decuplicar­e gli incassi, grazie a cui ci sarebbero tonnellate di bellissimi lavori in più a disposizio­ne di chi vive in Italia. Ogni giorno tre italiani subiscono un errore della magistratu­ra che impunita sfascia vite a gogò. C’è un debito pubblico che ci costa un sacco di soldi di interessi (leggi, tasse) ogni anno che nessuno vuole ridurre seriamente. E noi stiamo a perdere tempo, energie e occasioni a parlare di gente che finge a favore di social, senza pensare che il successo su cui basa quella finzione glielo abbiamo garantito noi. L’abbiamo criticata. Ora basta e andiamo oltre. Altrimenti saremo molto peggio di lei.

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